Quanto mi dai se mi sparo?

Quanto mi dai se mi sparo? Book Cover Quanto mi dai se mi sparo?
Sergio Endrigo
Stampa Alternativa
2004
9788872268131

Nato da famiglia polesana, costretto all'esilio dopo l'atroce mutilazione territoriale dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, appena adolescente, Sergio Endrigo crebbe tra Brindisi – in un collegio per i nostri fratelli profughi, presto abbandonato – e Venezia. Appassionato di musica sin dall'infanzia, dopo lunga gavetta tra night e balere incise i primi dischi tra fine anni Cinquanta e primi Sessanta. Fu un cantautore elegante, sentimentale, di almeno discreto successo nazionale, protagonista di diverse tournée all'estero. Attorno agli anni Ottanta cominciò il lento declino: quando scrisse questo romanzo, polemico nei confronti dell'industria discografica, nemmeno l'industria del libro gli diede ascolto; “Quanto mi dai se mi sparo?” venne così stampato in Svizzera nel 1995, per un piccolo editore, dopo anni di tentativi caduti nel vuoto. Soltanto nel 2004, per merito di Stampa Alternativa, il romanzo ha iniziato a circolare a dovere in Italia. È stata una delle ultime, meritate soddisfazioni del malinconico ragazzo di Pola, morto nel 2005. Il romanzo ha assunto il valore di un testamento spirituale: uno sganassone all'industria discografica, a chi ha fatto diventiere un mestiere artigianale un lavoro, sporcando la musica col marketing, e con la menzogna della centralità dell'immagine. È il libro di un vecchio artista che non si riconosceva più in niente, e si sentiva solo. Va letto e interiorizzato con rispetto: è diventato il romanzo di una vita, e della fine di un'epoca. È diventato – è bene rimarcarlo – uno degli ultimi libri pubblicati da artisti istriani italiani, scritto da un istriano nato prima che il comunismo decidesse che gli italiani in Istria non dovevano più esistere, o giù di lì. È un pezzo di Novecento italiano, un piccolo tesoro sporco di polvere, e di sangue.

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Giovanni Birillieri, in arte Joe Birillo, ha cinquant'anni e tanta nostalgia del passato: la sua carriera di musicista è entrata in crisi, il pubblico non risponde più. Da dieci anni vende pochi dischi, è finito. Si sente vecchio, “vecchio di cuore”, e inadatto a un mondo con pochi ricchi e milioni di frustrati, che si illudono di possedere in esclusiva un vestito o un gadget hi-tech e per quel possesso in esclusiva si mostrano avidi di denaro, a qualsiasi costo. Joe è gentile, ma la sua gentilezza viene scambiata per debolezza. Si ritrova a suonare nelle discoteche – a volte, vuote: otto spettatori – e si guarda intorno domandandosi cosa sia andato a fare. È preda del Gatto e la Volpe: non disonesti, ma perplessi; con Joe stanno perdendo denaro per la prima volta in vita loro.

“Sono mercanti di carne umana. Si sono sostituiti all'antico Ufficio di Collocamento, che non è mai servito a niente. Prendono un cantante, un gruppo o un intero spettacolo, in esclusiva, e tentano di venderli. Generalmente, la percentuale che pretendono è il venti per cento. Poi c'è la percentuale dell'impresario locale (non c'è paese con almeno mille abitanti, in Italia, che non abbia un impresario locale) e così il cachet del cantante o degli spettacoli viene praticamente raddoppiato. La metà circa dei soldi va al cantante, alla ballerina, ai musicisti, ai tecnici: a quelli che lavorano davvero” (pp. 20-21).

Joe pensa a quando viveva il successo, convinto che sarebbe durato per sempre; e ricorda quando s'era accorto che lui non c'entrava più niente con tutto quello che passava alla radio o in tv, domandandosi dov'è che aveva sbagliato. “Il successo” - dice - “è come la merda (o come il miele, se preferite): per le mosche è un richiamo irresistibile. Il successo è un odore: appena svanisce, tutti volano altrove”. Qualcuno rimane: gli amici di prima (p. 48). Pochi ma buoni.

Joe adesso è consapevole che potrebbe scrivere le canzoni più belle del mondo, ma non servirebbe a nulla – non se ne accorgerebbe più nessuno. Ammira Gaber (p. 34) che è riuscito a scendere dal carrozzone, per prendersi gioco del carrozzone dell'industria del disco, delle mode, della frenesia dei cambiamenti delle tendenze. Joe è uno che non crede più a niente, e non ha nemmeno più paura della morte: pensa al suicidio. Pensa a un ultimo disco o a un primo libro, e poi via, nel niente. Pensa ad andare in analisi.

“Chi sono, che cosa faccio? Scrivo. Scrivo cose che non fregano più a nessuno, capito dottore? E non vivo la povertà mia lieta, non sono né povero né ricco e non so più che cos'è la letizia, l'allegria del vivere. Svegliarsi e pensare a una cosa bella che ti aspetta, un miraggio, un brillio di mare, una vela, due occhi nuovi di donna... Avevano parlato di suicidio, ma così, scherzando, tra una forchettata di rigatoni e un bicchiere di vino” (p. 65).

Joe è un antieroe. Uno estraneo al marketing. Uno che guida una vecchia scassona, diesel, e non sa orientarsi nelle pagine della critica rock, perché è una critica che parla una lingua che lui non conosce. La trova finta. È un vecchio cantante di cinquant'anni che non appartiene più a niente. Allora pensa: ultimo concerto, morte in diretta. Il marketing ultimo lo invento io – è quello che conclude un discorso avviato da Tenco. Mi ammazzo e poi gli eredi si godono quel che ne deriva, royalties e via dicendo. Muoio perché abbiano soldi per comprarsi i vestiti firmati.

Pensa: mi ammazzo, ma col placet dei miei agenti e dell'avvocato. Man mano, si organizzano. Annuncia il prossimo suicidio in prima serata. Sarà una messinscena, che gli garantirà una seconda vita lontano dall'Italia e dalla famiglia, assumendo una nuova identità. Joe si scopa il passato, dopo aver messo in scena la sua morte, poi beve qualcosa e taglia la corda. Con grande stile. Qualcosa rimane – essere uno che scrive e pensa in musica: l'identità non si abiura, si altera al limite – ma c'è già un aereo che vola sull'Atlantico. Meglio non pensare più al passato, sbronzarsi e sparire.

Il mondo di Joe è finito – è terminato. S'è dissolto. Fragorosamente.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Sergio Endrigo (Pola, Istria, Italia 1933 – Roma, 2005), cantautore e scrittore istriano.

Sergio Endrigo, “Quanto mi dai se mi sparo?”, Stampa Alternativa, Viterbo 2004. In appendice, autobiografia raccontata, raccolta da Monica Mariotti. Prefazione di Franco Battiato. Quarta di Minà.

Gianfranco Franchi, marzo 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.