Mr Nice

Mr Nice Book Cover Mr Nice
Howard Marks
Beat
2013
9788865591734

Legalizzerei tutto. Per diverse ragioni. Vorrei che continuasse il commercio della marijuana, che venisse comprata e venduta, per quello che è: un'erba benefica senza nessuna proprietà dannosa. Le sostanze che creano assuefazione, tossiche o nocive, dovrebbero essere comunque disponibili ma accompagnate da informazioni esaustive e precise sui loro specifici effetti. Se questo è quello che la gente vuole fare della propria vita, vivere da malati o prendere le distanze dalla vita stessa, va bene, purché siano totalmente coscienti di ciò che fanno ficcandosi dentro. La società può permettersi di assistere quei pochi che, tristemente, pensano che non esista altra alternativa” (Marks, “Mr Nice”, p. 391). Così predicava Mr Nice.

Braccato, ma mai disperato. 43 nomi falsi, 25 società di copertura, 89 diversi numeri telefonici. Una quantità di facce e di acconciature abbastanza vicina a quota 43, nel tempo. Tre figlie. 7 anni di galera, e 10 edizioni – soltanto in Italia – del successivo memoir di una vita vissuta pericolosamente. Andata in fumo, diciamo. Ma non dissolta. Questa è la storia di Howard Marks da Kenfig Hill, villaggio del Sud del Galles, fisico laureato a Oxford e quindi pusher di erba, di fama (infamia?) mondiale, classe 1945. Un artista della clandestinità, del mimetismo e dell'illegalità: incapace di violenza, fedele alla sua formazione giovanile sessantottina e libertaria, la sua esistenza somiglia discretamente – e tuttavia l'epilogo dei suoi giorni è più solare, nel 2009 – a quella di George Jung (“Blow”, nel film del povero Ted Demme, 2001), re della cocaina. Ma con altro, e mondiale respiro; con altra, e internazionale serie di collaborazioni, diciamo così, non sempre istituzionali. Il romanzo autobiografico derivato è una potente fonte di informazioni, di divertimento e di denuncia. Di rabbia, anche, nei confronti dell'ambiguità della politica di certi Stati; che speculando sulle droghe sono diventati ricchi. E quella ricchezza non hanno perduto, e su quella ricchezza hanno fondato una fortuna.

L'ex uomo più ricercato della Gran Bretagna, trafficante di hashish con chiari legami con la mafia italiana, l'IRA e i Servizi Segreti Britannici, diventato “Mr Nice” grazie alla rubata identità di un certo “Don Nice” (ma è solo una delle tante: diciamo la più folkloristica), è un gallese, animalista post choc (incauta e involontaria bambinesca uccisione d'un gatto, in mare), giovanotto negli anni in cui l'Inghilterra era “il centro della cultura e della creatività degli anni Sessanta”; è il protagonista delle prime sperimentazioni di LSD, delle prime grottesche collaborazioni con le spie di Sua Maestà, della prigionia nella terribilmente democratica nazione a stelle e strisce (capitolo primo: angosciante). Tutte queste vicende aiutano a tenere viva l'attenzione durante una lettura, come dire, abbondante (oltre 500 pagine) e altrimenti non sempre edificante (personalmente non sono elettrizzato dalle fortune economiche degli spacciatori, pacifisti o meno che siano; né dalle trattative per sbarcare quintali di droga; men che meno, dalle notizie sulla quantità di denaro nelle loro mani. Capisco di essere poco popolare, quindi glisso).

Marks è un narratore onesto, in ogni caso, capace di raccontare il bene e il male delle sue esperienze. La questione LSD, in questo senso, è paradigmatica. Se inizialmente ne descrive gli aspetti positivi e divertenti (“I quadri sul muro sembravano essere diventati reali, i fiori nei vasi respiravano con un ritmo regolare e pesante e il disco dei Rolling Stones che stava suonando sembrava un coro paradisiaco, accompagnato da strumenti tribali africani. (...) Quando i Beatles sulla copertina dell'album 'Please Please Me' saltarono improvvisamente fuori e si misero a suonare, fui costretto a dire che dovevo proprio andare” (p. 62), più avanti subito ne mostra la dark side: “I fiori non respirano più delicatamente, si tramutano, invece, in lupi mannari e in pipistrelli, e le allucinazioni si trasformano in minacciosi demoni. Non è affatto divertente e io sviluppai uno stato di depressione che mi era tutt'altro che famigliare (...) diventai introverso, scontroso, tetro con idee suicide” (p. 63).

È chiaro che il frammento pubblicato a inizio articolo assume, a questo punto, altra e limpida valenza. Antiproibizionista, e decisamente convinto della bontà e della qualità della marijuana, soltanto quella spacciava; il resto avrebbe tollerato a oltranza, senza mercificarlo, senza farne industria, senza rischiarci la pelle. Punto. Vediamo come racconta l'Inghilterra della sua gioventù: ottimista, spregiudicata, rivoluzionaria. Giovane, e forse tradita o incompiuta:

La pena di morte era stata abolita, l'incitazione all'odio razziale era stata messa fuori legge, erano di moda le minigonne, il sesso era diventato ok, i poeti fumavano erba e Dylan aveva suonato la chitarra elettrica alla Royal Albert Hall. (...) Mick Jagger, col sostegno del Times, era uscito pulito da un'incriminazione per droga. Gli studenti (...) esercitavano il potere. Migliaia di persone partecipavano a dimostrazioni contro la guerra e per la legalizzazione della marijuana” (p. 72)

Perché, in un clima del genere, un professore di fisica si ritrova a spacciare? Spiegava abbastanza bene Formenti, sul “Corriere della Sera”: “Marks si ritrova a fare lo spacciatore quasi per caso. Mentre, assieme alla prima compagna, vive gli anni della contestazione e della controcultura, si rende improvvisamente conto che, smerciando occasionalmente parte della cannabis acquistata per consumo personale, guadagna assai di più che con il mestiere di insegnante appena iniziato. In questo modo comincia la carriera del più grande spacciatore del mondo, come è stato definito dalla DEA americana e dalla stampa inglese” (4 dicembre 2001). Forse c'è stato qualcosa di più profondo, che aveva a che fare con l'ambizione rivoluzionaria, col desiderio di cambiamento, con l'inquietudine. Difficile decifrarlo da un'autobiografia di vago sapere giustificazionista. Assieme, Mr Nice crede, s'è detto, nella cannabis. In questi anni, non pago dei diritti d'autore, ha fondato un partito per la legalizzazione della maria e in Inghilterra si smazza come può per cambiarne la percezione nella cittadinanza. Definirlo “crociato” è forse grottesco, ma in un certo senso è così, e così forse gli piace sentirsi. Un idealista d'una causa accidentalmente e ingiustamente clandestina, e illegale. Apparentemente.

Qualche curiosità. Terribili le pagine dedicate al meridione italiano, Campania (p. 248) e Palermo in primis (p. 249 e ss.). Nel libro non mancano interessanti notizie sui produttori della canapa, e sulle condizioni ideali per la sua coltivazione: “la canapa indiana tendeva a essere coltivata in quei Paesi particolarmente suscettibili di disordini politici, come l'Afghanistan, il Pakistan, il Libano, la Colombia e il Marocco, per nominarne alcuni, e che coloro che erano in grado d'esportarla erano, indubbiamente, uomini di potere all'interno di quelle società” (p. 134). Buon viaggio.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Howard Marks (Kenfig Hill, Galles, 1945 – Leeds, 2016), ex insegnante di Fisica ad Oxford, leader nello spaccio di hashish. Secondo Le Monde, è stato “Il Marco Polo della droga”.

Howard Marks, “Mr Nice”, Socrates, Roma 2001. Traduzione di Carla Dolazza.

Approfondimento in rete: Sito ufficiale di Marks / Wiki en

Gianfranco Franchi, gennaio 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.