Milingo contro tutti

Milingo contro tutti Book Cover Milingo contro tutti
Filippo Anniballi
Ad Est dell'Equatore
2009
9788895797076

Opera prima di Filippo Anniballi, giornalista, scrittore e traduttore romano classe '77, “Milingo contro tutti” è un romanzo allucinato, lisergico, blasfemo e divertente: ben distante dalle reminiscenze céliniane annunciate in bandella (non scherziamo), più prossimo a un divertissement capace di ibridare “Paura e delirio a Las Vegas” con Burroughs, si direbbe uno degli esordi più interessanti del 2009. Pubblicato da una piccola e promettente casa editrice di progetto partenopea, Ad Est dell'Equatore, si suddivide sostanzialmente in due parti: nella prima, ambientata nella Capitale, il protagonista, Filippo Sanzini da Casal de Pazzi, ventitre anni, romanista d'antan (omaggiati, qua e là, Voeller, Cafu, Batistuta, Totti) tossico facile al delirio, alle spalle una storia con una ex vagamente rimpianta ma presto dimenticata, si diletta sparando a un gatto con la cerbottana, fumando tutto quel che trova, rischiando una metamorfosi ibrida tra Cagliostro e Pozzetto, superando l'odissea delle cinque di sera (p. 9) e incontrando qualche promettente amichetta.

Campa come sorvegliante e ha un'ossessione: Milingo, l'esorcista africano (presto “macellaio di Dio”). Nel grottesco sviluppo della trama, riesce a incontrarlo (in piazza Venezia) per affrontare una questione non marginale: il pestaggio di un nano, Juanito. Com'è Milingo? “E' molto più ridicolo di persona che sulle foto dei giornali. È un ometto di mezz'età avvolto in una tonaca bianca piuttosto malridotta. Assomiglia a un rospo, un rospo sul punto di esplodere. Una specie di afro brizzolato ne esalta l'aspetto da ciarlatano” (p. 23). “Se ne stava a Zagarolo a praticare esorcismi ai burini, adulato da orde di cafoni altamente suggestionabili” (p. 41). Milingo è esattamente la sua nemesi.

“Lui, il diabolico Vescovo Emmanuel Milingo, sarebbe capace di ricevere il corpo di Cristo davanti ai propri fedeli, mantenendo un'erezione per l'intera messa, per poi sodomizzare una depravata colf guatemalteca sullo stesso altare. Sarebbe in grado di chiavarsela in nome dello Shogun Mitsukunimito, con la confusa devota intenta a mordere un vangelo ammuffito per meglio sopportare il dolore della penetrazione. È una creatura abominevole, un lupo travestito da agnello, un montone grasso, una sorta di Mamma Ebe di fine millennio. È il prodotto del credo di milioni di fedeli beceri, un temibilissimo cocktail di paganesimo, ipocrisia e sensi di colpa” (p.132)

Che sia reale o meno l'incontro in piazza Venezia – si direbbe di no, stando al successivo ricovero al CIM: Filippo se la passa male – il narratore, nemico dell'afa e della paranoia, una cultura non estranea alla spazzatura pop televisiva e cinematografica (citati e ridicolizzati, tra i tanti, Lando Buzzanca, Giancarlo Magalli, Pistarino e tutta una serie di figure analoghe; particolare cattiveria è riservata al fu Alberto Castagna), si ritrova costretto, sempre, sulle sue tracce. Proprio quando parrebbe avviato al recupero, un infermiere del CIM, mezzo pusher mezzo ruffiano, gli procura un ingaggio per ritrovare una ragazza romana sparita a Londra, in un circuito di fattoni e di cazzoni anglo-italiani. E così, tra le solite cattiverie gratuite sparate contro tutto quel che si muove (inclusi i morti: Nonno Ugo della Città del Mobile, p. 64) e sempre nuovi sconquassati deliri (cfr. p. 52: Sora Lella, Gabibbo, Gatto Panceri, Johnny Dorelli), Filippo si ritrova a Londra, sulle tracce di una certa Priscilla. Naturalmente – ma con la trama ci fermiamo qui – riapparirà il Monsignore.

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Il narratore di Anniballi sembra una di quelle larve fuoriuscite da certi centri sociali romani, incapaci di credere in qualsiasi cosa, sempre pronte a sfondarsi di droghe di vario genere, pur consapevoli della tragedia della loro esistenza:

“Non sarà certo un manipolo di disadattati come noi a scatenare l'apocalisse. Dei deliri del mio amico condivido soltanto l'idea che provare a migliorare la società sarebbe come pisciare controvento o cercare di far muovere in sincrono tutte le mascelle di un illegale. L'unica cosa che un giovane uomo come me può auspicarsi è la fine. È impossibile che degli invertebrati come noi possano contribuire a scatenare una tempesta, non siamo che piccoli microbi di laboratorio, seguiti al microscopio da scienziati stitici e sessualmente repressi (...)” (p. 61).

Una volta, qui in città – negli anni Novanta – era molto più facile riconoscere questi soggetti: nichilisti, eternamente depressi, cazzoni e fattoni, portati alla risata grassa su argomenti stupidi o insignificanti come la cultura popolana o popolare dei media mainstream, inquinavano certi locali e certe zone della città (oggi invadono il Pigneto e San Lorenzo) e campavano raccontandosi leggendarie imprese come le gare di rutti a casa di uno o lo stato di degrado raggiunto durante un concerto. Un po' di fica ogni tanto e tanto disfacimento, morale e fisico, vissuto non senza compiacimento. Politicamente nulli – morto il partito e spariti i gruppi extraparlamentari, erano genericamente sinistri: ma con tanta sfiducia – e portati a sproloquiare contro tutte le forme di fascismo, cioè e in pratica, erano alternativi dimentichi della lezione di Manuel Agnelli: l'alternativo è il tuo papà.

Ritrovare uno di questi soggetti protagonisti di questo chiassoso e delirante romanzo è stato piacevole e divertente: involontariamente, forse, il Sanzini incarna l'archetipo della zecca capitolina, ruspante e ignorante (ma ha visto film fichi come “Paura e delirio a Las Vegas”), cazzona e flashata, zingarella e picaresca, blasfema (che spettacolo le bestemmie integrali, in un romanzo! Che provocazione!) e anticlericale (ma sparando sulla croce rossa: Milingo), con tanta voglia di parlarsi addosso e di prendere per il culo tutto ciò che c'è intorno. No Future, no future, no future for you. Anniballi ha un gran bel lessico e una notevole facilità di scrittura. Questo romanzo è molto fluido e scorrevole, a dispetto di più d'una caduta di stile (coprolalica) e delle citazioni francamente depressive. Se avete voglia di sprofondare nella subcultura della gioventù capitolina che leggeva qualche buon libro – e scrive con una bella carica acida – ecco il libro che fa per voi.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Filippo Anniballi (Roma, 1977), scrittore, giornalista e traduttore. Questa è la sua opera prima.

Filippo Anniballi, “Milingo contro tutti”, Ad Est dell'Equatore, Napoli 2009. Collana “I Virus, 6”.

Gianfranco Franchi, giugno 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.