Logica del terrorismo

Logica del terrorismo Book Cover Logica del terrorismo
Michel Bounan
duepunti edizioni
2006
9788889987001

“Logica del terrorismo” di Michel Bounan (“Logique du terrorisme”, 2003; IT, Duepunti, 2006) si fonda su un presupposto incontrovertibile: “L'esaltazione ideologica o il delirio pseudoreligioso possono condurre a ogni sorta di crimine, e l'eroismo individuale o l'omicidio di massa appartengono a tutte le società umane”. A partire da questa constatazione, l'intellettuale transalpino si impegna a stabilire cosa sia il terrorismo, quanti tipi di terrorismo esistano, quanto incidano lo Stato e i servizi segreti nel terrorismo e come fronteggiare questo “crimine contro l'umanità”, come lo definisce correttamente Giusto Catania (p. 74) nella sua nota.

Primo nodo: la definizione del fenomeno. Cos'è il terrorismo: “Il terrorismo si definisce come un insieme di atti criminosi, di natura ed entità variabili, che mirano ad intimidire una particolare popolazione al fine di ottenere concessioni politiche. Perché raggiungano i loro scopi, i crimini terroristici devono essere conosciuti nella maniera più ampia possibile: il terrorismo, di qualunque specie, è innanzitutto un'operazione mediatica […]. Si tratta di far sapere a un gruppo sensibile che la minaccia di questi crimini incomberà finché non sarà concessa qualche rivendicazione politica o fino a quando il gruppo in questione rimarrà solidale con i suoi rappresentanti. Ancora, si tratta di esporre i propri progetti politici ad altri individui coinvolti da queste rivendicazioni, per indurli a manifestare una solidarietà attiva. Ottenere questo risultato sarà tanto più probabile quanto più il terrorismo sarà riuscito ad estorcere qualche concessione alla parte avversa”.

Esecutori e mandanti sono – può succedere – gli Stati: Bounan ricorda i bombardamenti delle città di Londra, Baghdad e Dresda, per mano tedesca, americana e inglese, e la distruzione di Hiroshima per mano americana. S'è trattato di strategie terroristiche, volte a sgretolare sostegno e consenso ai governi delle nazioni nemiche impegnate in guerra; l'esito non è stato quello previsto, perché le popolazioni civili si sono piuttosto riavvicinate ai loro governi. Tuttavia s'è trattato d'una consapevole scelta bellica: quella di massacrare i cittadini per rovesciare il regime nemico.

A differenza del terrorismo di Stato, quello autonomista o nazionalista punta a intimidire un esercito di occupazione (straniero o percepito come straniero) e i suoi fiancheggiatori (IRA, ETA, Intifada palestinese). Bounan non ha dubbi: nel caso della Resistenza, nella Seconda Guerra Mondiale, niente di determinante sarebbe avvenuto senza la presenza degli eserciti alleati sostenuti dagli States; nel caso degli irlandesi e dei baschi, poi, si direbbe che le loro strategie violente non abbiano portato a nessun risultato apprezzabile.

Infine, c'è un terzo tipo di terrorismo; quello rivoluzionario. Esso punta a promuovere trasformazioni politiche o sociali; fu il caso degli attentati anarchici antizaristi avvenuti in Russia nel XIX Secolo, e – secondo Bounan – del terrorismo di sinistra degli anni Settanta-Ottanta in Italia, Francia, Belgio e Germania; l'integralismo islamico odierno appartiene, in certi frangenti, a questa sub-specie di terrorismo.

Risultato del terrorismo di sinistra? Bounan è drastico: “Intensificarsi dei controlli di polizia” ed “emanazione di leggi repressive a danni della popolazione” (p. 11). Nella postfazione, Caselli obbietta: in Italia non sono state promulgate leggi repressive. In ogni caso, questo è quanto afferma Bounan. I media, stando al saggista transalpino, paradossalmente favoriscono le imprese terroristiche: la loro professione sembra essere naturalmente a servizio del terrorismo, perché il primo fine del terrorismo è essere conosciuto e riconosciuto. “Non si può che essere sorpresi dagli sforzi considerevoli fatti dai media per favorire gli intenti del terrorismo”, chiosa il saggista francese, osservando che i giornalisti lavorano ampiamente per i terroristi, per folle incoscienza o prodigiosa furbizia. Tutto ciò è tragicamente interessante e spesso vero.

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I servizi segreti, secondo l'autore, sono sempre perfettamente consapevoli dei rischi, e ben informati: soprattutto grazie alle tecnologie odierne. Post 11 settembre, ad esempio, i servizi statunitensi, che sostenevano di essere all'oscuro di tutto, “erano tanto informati da essere in grado di fare i nomi dei mandanti e degli esecutori nelle ore successive, e di diffondere trascrizioni di conversazioni telefoniche e numeri di carte di credito” (p. 17). Non solo. La loro capacità di infiltrazione nei singoli movimenti permette di decidere quali attentati favorire e quali intralciare. “Non desta dunque sorpresa, a qualche anno di distanza dalla scomparsa di certi gruppi, la notizia che le Brigate Rosse italiane fossero manipolate dai servizi segreti militari, o che un certo avvocato della Fazione Armata Rossa tedesca avesse più tardi ricevuto dalla polizia politica centoventimila marchi” (p. 37).

Nella postfazione, Caselli obbietta: non è possibile confondere le Brigate Rosse con lo “stragismo fascista” (testuale: p. 60), è più onesto ricordare che per le BR, ad esempio, “si sono intrecciate ed accavallate ipotesi di 'eterodirezione' ad opera della CIA (con diramazioni sul Mossad) ma anche del KGB (con variazioni ora bulgare ora cecoslovacche); vale a dire ipotesi così inconciliabili fra loro da annullarsi vicendevolmente”, tenendo tuttavia presente che i principali “salti” criminali degli assassini rossi sono avvenuti in coincidenza con questioni nazionali non da poco come il referendum sul divorzio, le elezioni amministrative del '76, il governo di unità nazionale del '78. Questo dato non può essere casuale, tuttavia Caselli si limita a offrirne interpretazioni. Per poterle confutare, avremmo bisogno di studio, di sempre nuova documentazione e via dicendo; mi limito quindi a segnalare la cosa.

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La “Logica del terrorismo” di Bounan include, nella seconda parte, tutta una serie di rilievi e osservazioni sulle recenti vicende mediorientali; in sintesi, lo studioso si limita a ricordare i preesistenti rapporti di collaborazione tra Bin Laden e la Cia e tra Saddam e gli States, elencando infine tutti i principali sospetti relativi sia alle Twin Towers che a Pearl Harbour. In buona sostanza, potremmo tradurre entrambe le vicende con un termine antico Romano: “Sagunto”. Cioè con una sconfitta tollerata (e sperata), subita volontariamente, per poter garantire la piena liceità d'una successiva aggressione militare. È una teoria complottista non priva di fascino, ma ancora tutta da dimostrare con la dovuta efficacia e con assoluta credibilità.

Direi quindi che le qualità principali dell'opera stanno nell'intelligente demistificazione del senso e dei significati del terrorismo; una volta appurato che ogni atto liberticida o omicida è inutile e dannoso, perché determina e innesca nuovi conflitti sociali o ulteriori tendenze reazionarie, Bounan ricorda a tutti i potenziali rivoluzionari che non c'è luogo in cui lo Stato e i Servizi non possono raggiungerli – e che probabilmente sono stati già raggiunti, e camminano al loro fianco, spesso vestendo i panni del migliore amico, quello più fidato. Questo significa semplicemente che le strategie vincenti per riformare e rinnovare gli ordini preesistenti sono sempre quelle estranee alla lotta armata e violenta, agli omicidi e alle stragi. Che non c'è niente di glorioso nella rivoluzione sporca di sangue, c'è solo il principio d'una nuova e più triste fine. Che non c'è niente che accada, di fronte al nostro sguardo, che non sia stato ampiamente previsto, e in buona parte controllato.

Lettura choc. È paranoia allo stato puro, ma è più che consigliata.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Michel Bounan (Créteil, 1942), medico e saggista francese.

Michel Bounan, “Logica del terrorismo”, Duepunti, Palermo 2006.
Traduzione di Elena Paul. Postfazione di Gian Carlo Caselli. Nota di Giusto Catania.

Prima edizione: “Logique du terrorisme”, 2003.

Gianfranco Franchi, maggio 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.