Le sette vite di Dalila e Achille

Le sette vite di Dalila e Achille Book Cover Le sette vite di Dalila e Achille
Underground Book Village
Il Foglio Letterario
2008
9788876061790

Antologia di un neonato collettivo – UBV-Underground Book Village – composto da sette narratori de Il Foglio di Gordiano Lupi, “Le sette vite di Dalila e Achille” è giocato per variazioni sul tema destino d’una coppia, rovesci e incastri e morale della favola. È un’antologia atipica – include, in appendice, qualche raccontino-bonus track (ospite, Raffaele Oliveri) e due gallerie di foto di Silvio Fabbri e Maurizio Ravera, ornamento decontestualizzato; il tutto all’insegna della cifra stilistica del libro: l’irregolarità. Non tutti i sette racconti principali sono illustrati; stilisticamente i punti di contatto tra i narratori sono risibili, se non inesistenti; l’argomento scelto sembra fondamentalmente una giustificazione per la pubblicazione di un romanzo breve del viaggiatore Alessandro Cascio e dei racconti dell’ottimo Sacha Naspini, del cinematografaro pop Francesco Dell’Olio, del sempre giovanilista Vincenzo Trama e del gran satiro Frank Solitario, del manierista Walter Serra e del fantascientifico Emiliano Maramonte. Ma questa è una buona notizia. Nessuno sente bisogno di nuove antologie, tanto meno tematiche – di narrativa o di poesia – proprio perché sono confezioni editoriali quando amatoriali e autoreferenziali, quando dozzinali mainstream. Insegnava bene come trattarle il poeta di Verona già due millenni fa. Allora “Le sette vita di Dalila e Achille”, proprio per via del suo invincibile disordine e della sua eterogeneità, è l’ideale viatico per accostarsi alla narrativa dei suoi protagonisti. Diciamo sette libri diversi assemblati in uno, per capirci.

Finalmente un’antologia sbagliata e sballata: questo è il segreto.

Perché? Diciamo subito che gli autori di UBV sprigionano una bella vitalità. Si sente che si stanno divertendo e che hanno intenzione di proporre qualcosa di personale – in confezione, e solo in confezione collettiva – e di peculiare. Che riescano o meno nell’impresa ha importanza relativa. È lo spirito che conta. Questo libro rimarrà a testimoniare il loro incontro, le future reciproche influenze, il clima di collaborazione amicale e artistica che è la risposta prima alla domanda: che bisogno c’era di pubblicare “Le sette vite di Achille e Dalila”?

Semplice. Il libro va a testimoniare la qualità dello scouting underground di Gordiano Lupi; festeggia il sodalizio di sette dei suoi autori; dichiara la loro intenzione di tenere vive e aperte collaborazioni con altri artisti. In questo libro, ad esempio, tre racconti sono illustrati (RR-DDT per Cascio, Virginia Bardoni per Naspini, Alessandro Iotti per Dell’Olio) e ogni autore è stato omaggiato da un ritratto fotografico di Maurizio Ravera. Potrebbe essere il viatico a una nuova collana di narrativa illustrata, per dire. Non è un’idea nuova ma potrebbe diventare un tratto distintivo. Nuovi sarebbero gli abbinamenti tra gli artisti.

Veniamo ai racconti. Cascio narra una storia ambientata a Capoverde, nell’intento – congetturo – di rappresentare la relazione tra la dignitosa e romantica povertà africana e l’ostentata e ricca stupidità europea. È un italiano, il suo protagonista, che viaggia inventando identità sempre diverse. Vuole dare senso a quel che non ne ha, alle spalle ha lasciato l’ombra della guerra. Intanto beve (“il punch è più dolce della vita”), mostra una notevole tendenza alle frasi apodittiche (le migliori: “In un sorriso c’è un eterno tiro alla fune tra felicità e tristezza, e tu hai da scegliere su chi puntare”, p. 18 e “Le cose, più invecchiano, più scordano la matematica”, p. 53), e vive un sentimento forte. Dalila, in queste pagine, è una madre d’un’ombra: dall’ombra scrive parole dal sapore del lascito.

La storia di Naspini, “Serenity Garden”, conferma quanto di buono avevamo registrato nel suo ultimo romanzo, “I sassi”: giovane maestro nel progressivo disvelamento della verità testuale, abile nel confondere e illudere il lettore sulla reale identità dei personaggi, tesse la trama d’un amore lontano nel tempo che si rivela simulazione condivisa da due anime malate. Naspini si sta facendo notare per questa sua capacità di plasmare rompicapi e stratificare la verità. In bello stile.

Dell’Olio è ludico e cinematografico, scrive “Vedi a volte la vita” e racconta una storiella sul destino d’una coppia impossibile che ha un retrogusto – attenzione: esclusivamente tematico, niente affatto stilistico – kieslowskiano e un intreccio da mitologia minima di provincia italiana. Achille e Dalila si amano per un divertente errore del fato, poi forgiano il loro destino – e la fine della storia la conosci pure tu, quel che è sabbia resta sabbia quel che è stato non è più, come scriveva Tiziano da Broni. Inquietante la romantica apparizione dei nani da giardino: non alla Mamatas ma alla Jeunet.

Trama conferma il romantico giovanilismo già apprezzato in diversi frangenti della raccolta di racconti “A quella vecchietta…” – nella sua scrittura si registra la cristallizzazione immacolata degli anni dell’adolescenza e del Liceo; tutto è fresco e vivo e nuovo come allora, e qualsiasi ingenuità sembra giustificata dall’età dei personaggi. La storia è quella di una reincarnazione d’un amore lontano: naturlich, infine nella sedicenne oggetto della classica cotta impossibile. Sovrapposizione felice.

Divertente e intelligente – pure nel rischio d’una lingua letteraria presa per il culo, e senza freni: ma con personalità, e classe – il racconto breve di Frank Solitario: “(in)animati da torbida passione” è la triste e magnifica vicenda di due manichini e della loro anderseniana sorte. Io dico che Solitario aveva in vena il soldatino di stagno e la sua ballerina: in più, ha giocato su un’ambientazione atipica e una lingua ibrida, capace di divertire e di attirare. Questo racconto è la sorpresa autentica dell’antologia.

Walter Serra scrive di maniera e di maniera ambienta. Didascalico, non memorabile. Sentimentale, ma niente di nuovo sotto il sole: né nella scrittura, né nell’ambientazione, né nella trama. Notevoli invece le visioni fantascientifiche di Emiliano Maramonte: variazione sul tema dell’intelligenza artificiale e dei suoi progressi, congettura in un futuro molto prossimo una tecnologia iWire innestata nel cervello per condividere la Rete. Ne derivano catastrofi quando l’intelligenza dubita di concetti come destino e anima gemella. Dalila è un programma. Bella intuizione.

That’s All Folks. Io dico che per una volta posso giustificare la presenza di un’antologia tra i miei scaffali senza dovermi scusare. Perché da qui le Edizioni Il Foglio possono giocare a stupire i vecchi lettori: addio alla vecchia gabbia dei generi, addio alla connotazione noir a ogni costo, il sentiero preso da questa banda è limpido; letterarietà, e divertimento. Contaminato da arti altre, e senza nessun bisogno di manifesti. O almeno: di manifesti che non siano scritti nell’acqua.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

UBV – UNDERGROUND BOOK VILLAGE. Alessandro Cascio, Sacha Naspini, Francesco Dell’Olio, Vincenzo Trama, Frank Solitario, Walter Serra, Emiliano Maramonte.

UBV, “Le sette vite di Dalila e Achille”, Il Foglio, Piombino 2008. Prefazione di Raffaele Olivieri. Foto di Maurizio Ravera.

Gianfranco Franchi, giugno 2008.

Prima pubblicazione: Lankelot.