La scimmia e l’essenza

La scimmia e l'essenza Book Cover La scimmia e l'essenza
Aldous Huxley
Baldini Dalai
2002
9788884901446

Sei anni prima de “Il Signore delle Mosche” di Golding, quindici anni prima de “Il Pianeta delle scimmie” di Boulle, Huxley pubblica una nuova interpretazione della distopia: l’apocalittico “La scimmia e l’essenza” è un libro profetico, modernissimo, destinato a influenzare in maniera determinante le successive produzioni di science fiction. Influenza netta, limpida e irrefutabile: Golding e Boulle hanno sviluppato, con ogni probabilità, spunti contenuti in questo libro e hanno ampliato quel che Huxley si era limitato a evocare, abbozzare o almeno intuire. Quel che più disorienta e spiazza, nella lettura del romanzo del talentuoso artista inglese, è la percezione estetica d’una forma attualissima e splendidamente sperimentale, a quasi sessanta anni di distanza dalla pubblicazione. Momenti di puro godimento per la felice e mai artificiosa concentrazione di richiami, omaggi e citazioni di musica classica, arti figurative, opere letterarie: sensazionale l’integrazione dei versi di Shelley all’interno del testo, postmoderna e sfrontata l’adozione del prosimetro, toccanti le riflessioni dedicate alla allora recente scomparsa di Gandhi, ospitate nella prima parte del romanzo.

La scimmia e l’essenza” è un romanzo polimorfico e polisemico: un diamante della Letteratura del Novecento incomprensibilmente trascurato e ingiustamente sottovalutato perfino dalla maggior parte dei cultori dell’opera di Huxley. Inutile affermare che non è il caso di cercare “evoluzioni”, “involuzioni” o “trasformazioni” del “Mondo nuovo”: all’equilibratissima architettura e alla apprezzabile uniformità stilistica, linguistica e strutturale del primo corrisponde la superba e magmatica asimmetria del secondo.

È una visione del futuro apocalittica e cupa: una furiosa satira rivolta all’umanità intera, e non solo ai sistemi totalitari e ai loro fautori e sostenitori; è, infine, la voce d’un’ultima, flebilissima speranza riposta nella specie.

Certamente, naturalmente, non lo sanno anche i ragazzi di scuola? Sono le scimmie a indicare la meta, sono umani solo i mezzi per giungervi. Serva di gorilla, ruffiana di babbuini, viene la Ragione di corsa, pronta a ratificare; viene, la sgualdrina, con la Filosofia, a leccare i piedi ai tiranni; viene, mezzana della Prussia, con la storia brevettata di Hegel; viene, con la Medicina, per somministrare l’afrodisiaco del Re delle Scimmie; viene, coi versi e con la Retorica, a scriverne le orazioni; viene, col Calcolo, a puntare i suoi bolidi accuratamente sull’orfanotrofio oltreoceano; e viene, dopo aver puntato, con l’incenso a impetrare devotamente Nostra Signora, affinché la mira sia giusta” (Huxley, “La scimmia e l’essenza”, parte I)

Struttura e trama. Il romanzo è diviso in due parti: la prima, intitolata “Tallis”, s’ambienta nella Hollywood del 1948. Lo scrittore e regista Bob Briggs e il narratore (presumibilmente si tratta dello stesso Huxley) rinvengono, fortunosamente, il soggetto di un film intitolato “La scimmia e l’essenza”, scritto dallo sconosciuto William Tallis. Impressionati dalla qualità dell’opera, nell’arco di qualche giorno decidono di viaggiare alla volta di Murcia, nel deserto di Mohave, California, per conoscere il misterioso autore.

Il misantropico artista è però morto da oltre un mese: i due vengono ricevuti dalla famiglia che gli aveva affittato casa. Scarse le informazioni che riescono a recuperare: Tallis aveva sessantasei anni, ed era stato sposato, in giovinezza, con una tedesca; aveva avuto una figlia che, dopo il divorzio, non aveva potuto portare con sé in America. Tallis scriveva per poter spedire del denaro alla nipotina, in un’Europa ridotta alla fame e alla miseria dalle guerre.

La prima parte è una gemma di trascinante e tracimante letterarietà. Una pioggia di omaggi, suggestioni e riferimenti eruditi: mai eccessivi, mai pleonastici, sempre indovinati ed evocativi. Apprezzabile la descrizione del cinismo e della superficialità dell’ambiente hollywoodiano; notevoli, come si accennava in precedenza, le considerazioni in merito all’omicidio di Gandhi, che ha sconvolto il narratore. Ecco un frammento interessante, in proposito:

Ma io stavo pensando che il sogno dell’Ordine genera la tirannia; il sogno della Bellezza, mostri e violenza. Atena, patrona delle arti, è anche la dea della guerra scientifica, il capo celeste di ogni Stato Maggiore. L’abbiamo ammazzato perché, dopo aver brevemente (e fatalmente) giocato il gioco politico, si era rifiutato poi di seguitare a sognare il nostro sogno di ordine nazionale, di bellezza sociale ed economica; perché aveva tentato di richiamarci ai fatti concreti e cosmici degli autentici popoli, e alla Luce interiore”.

La seconda parte, intitolata “Il soggetto”, è costituita dal testo originale de “La scimmia e l’essenza”, pubblicato senza correzioni e senza commenti. Huxley adotta l’espediente canonico del “manoscritto ritrovato”, decidendo in questa circostanza per un canovaccio cinematografico. Gli eventi si verificano intervallati e presentati dalla voce di un narratore.

È l’anno 2108. Nuova Zelanda e Africa Equatoriale sono rimaste le sole terre popolate dall’antica umanità: rimaste, per via della loro posizione geografica, estranee al terzo, terribile conflitto mondiale, si trovano adesso in due differenti condizioni. Gli africani stanno risalendo lungo il Mediterraneo, e già circoncidono nelle chiese dei decaduti cristiani; i neozelandesi si sono avviati a “riscoprire” l’America, a partire dalle coste della California.

Tra le macerie di Los Angeles resiste ancora una piccola colonia di uomini, mutanti a seguito della micidiale radioattività. Adorano Satana e vivono in una desolata e masochista empatia col dolore e la sofferenza. Non leggono più niente che non sia la parola “no”, affissa sui dimessi abiti di ciascuno: i libri vengono bruciati per fare il pane. Altrove, in America, a “Radiolandia” dominano le scimmie, divise in tre gruppi sociali: babbuini, oranghi e gorilla (saggi e illuminati, a differenza di quanto scriverà Boulle). Al guinzaglio, l’umanità quadrupede. Brillano Einstein clonati, con tanto di collare e guinzaglio d’ordinanza, negli eserciti scimmieschi e umanoidi che si fronteggiano. La scienza del ventesimo secolo è morta suicida. “Ma sorvolano intanto i vessilli forme immense di nubi, e oltre le nubi è quel vuoto azzurro che è emblema della nostra diafana Essenza, e ai piedi dell’asta crescono il grano, il riso verde smeraldo e il miglio. Pane per il corpo e pane per lo spirito: dobbiamo scegliere tra il pane e la bandiera. E la bandiera, inutile aggiungere, è quella che quasi all’unanimità noi abbiamo scelta”.

La Nuova Zelanda, che s’è mantenuta in un timoroso isolamento per via delle radiazioni che avevano contaminato il pianeta per quasi un secolo, s’avvia, come si diceva, a riconquistare l’America. La loro civiltà è così raccontata dal narratore: “Nulla di straordinario o di spettacolare. Niente Partenoni né Cappelle Sistine, niente Newton, né Mozart, né Shakespeare, ma neanche Ezzelini, né Napoleoni, né Hitler o Jay Gould, e neppure Inquisizioni o NKVD, e nemmeno epurazioni, o pogrom, o linciaggi. Non altezze né abissi, ma latte in abbondanza per i bambini, un discreto livello medio d’intelligenza e tutto quanto in un’intimità molto sensibile e umana, in un’atmosfera di tranquilla provincia”.

La prima spedizione neozelandese è composta da circa quattordici individui, tra i quali il protagonista della storia, Alfred Poole, dottore in Scienze Naturali, pedante e schiacciato da un soffocante complesso edipico. Trentotto anni, scapolo, privo di fascino e carisma, si trova a essere catturato dalla “neo-umanità” di Los Angeles. Giudicato rapidamente inutile e destinato a essere sepolto vivo, si riscatta promettendo di contribuire alla rinascita dell’agricoltura in quelle terre maledette. Entra così in contatto con una cultura agghiacciante, fondata su una rigidissima divisione sessista della società, sulla liceità di ogni tipo d’angheria e di sopraffazione nel nome di quel Signore delle Mosche che ha trascinato l’uomo nel dolore, irreparabilmente.

Società che si regge su tre pilastri: la paura, il nemico, la nazione: esattamente come il nostro sordido sistema contemporaneo. Ecco le lezioni del maestro Huxley. Il nazionalismo comporta la degradazione e la distruzione della specie umana. Il nemico serve a ottenere la solidarietà sociale. Per questo, “dobbiamo avere o un nemico esterno, o l’oppressione di una minoranza”. I nemici dei “neo-uomini” di Los Angeles sono “i caldi”: membri della comunità espulsi perché riottosi alla legge che prevedeva accoppiamenti solo per due settimane l’anno, per via di complessi rituali “satanici”. La paura. Ecco la chiave di lettura fondamentale del libro.

La paura uccide in un uomo perfino l’umanità. E la paura, miei cari amici, la paura è la vera base e il fondamento della vita moderna. Paura della tanto agognata tecnologia che, se eleva il nostro livello di vita, accresce le probabilità di una nostra morte violenta. Paura della scienza, che con una mano ci toglie più di quanto generosamente profonde con l’altra. Paura delle istituzioni, di cui è facile dimostrare la fatalità, e per le quali, nella nostra fedeltà suicida, siamo pronti a uccidere e morire. Paura dei Grandi Uomini che, per acclamazione popolare, abbiamo innalzato a un potere del quale inevitabilmente fanno uso per ucciderci e asservirci. Paura della Guerra, che non vogliamo, e che tuttavia con ogni mezzo ci sforziamo di provocare”. Interiorizzare questa lezione significherà non solo comprendere l’essenza della derelitta umanità rappresentata in questo libro: implicherà necessariamente un nuovo atteggiamento del lettore nella sua vita d’ogni giorno. I tre pilastri del sistema: nazione, nemico, paura. Tre concetti da svuotare d’importanza e trasformare, per contribuire a un rinnovamento dell’umanità.

Alfred Poole s’innamorerà di una delle donne della nuova Los Angeles, Loola. Memorabile la poesia della descrizione delle sue fossette: terribile il racconto delle sue condizioni esistenziali. Costretta a subire violenze e a eseguire mansioni di ignobile manovalanza, come ogni altra donna, non riesce a ribellarsi agli orribili dogmi del sistema fin quando non appare lo straniero.

Lo straniero Poole, che salverà un libro di versi di Shelley dalle fiamme, insegnerà a Loola a disubbidire e a rifiutare le imposizioni del sistema: a rifiutare il Dio impartito dallo Stato, a rifiutare le norme ingiuste e disumanizzanti, a credere nella propria unicità e nell’amore. Le restituirà il ricordo della sua umanità, e le regalerà il segreto della poesia: follia che scinde ogni dipendenza dalle norme e dalle consuetudini, e libera gli spiriti, in eterno.

Solo con la nozione della propria Essenza un uomo può cessare di essere molte scimmie”.

Un capolavoro. Profondissimo, essenziale, imperdibile.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Aldous Huxley (Godalming, Surrey, 26 luglio 1894 / Hollywood, California, 22 novembre 1963), poeta, saggista e romanziere inglese.

Aldous Huxley, “La scimmia e l’essenza”, Baldini & Castoldi, Milano, 2002. Traduzione di Augusto C. Dauphiné. Prefazione di Piero Gelli.

Prima edizione: “Ape and Essence”, 1948.

Gianfranco Franchi, novembre/dicembre del 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Dedicata a Daniela Guardamagna, con riconoscenza.