La passione dell’error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564

La passione dell'error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564 Book Cover La passione dell'error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564
Filippo Tuena
Fazi
2002
9788881123278

“Lionardo, vego per le tue lectere che tu presti fede a certi invidiosi e tristi che, non possendo maneggiarmi né rubarmi, ti scrivono molte bugie. Sono una brigata di ghioctoni; e se' sì sciocho, che tu presti loro fede de' casi mia come s'io fussi un pucto. Levategli dinanzi chome scandalosi, invidiosi e tristamente vissuti […]. Però actendi a vivere e non pensare a' casi mia, perché io mi so guardare, bisogniando, e non sono un pucto. Sta' sano” [Michelangelo Buonarroti, 88 anni, a suo nipote Leonardo. Roma, 21 agosto 1563].

2002. Lo scrittore e antiquario capitolino Filippo Tuena, quarantanovenne, a distanza ravvicinata dalla fortunata pubblicazione della mosaicale biografia michelangiolesca “La grande ombra”, pubblica, sempre per Fazi, le “pezze giustificatorie” di quel gran libro, e buona parte della documentazione sui cui è basato, vagheggiando suscitare altri “stupori, passioni, entusiasmi”. Mancano le famigerate lettere a Vittoria Colonna: in un'intervista rilasciata a «Repubblica», a poca distanza dalla pubblicazione del saggio, Tuena spiegò: “È una scelta. Negli ultimi anni si è già scritto e parlato molto di questo carteggio anche se abbiamo poche lettere e spesso molto formali. Molte furono distrutte, bruciate. Si dice che fossero compromettenti ma non sappiamo quanto. Non volevo fare un lavoro su delle ipotesi. E personalmente credo che Michelangelo non fosse così dogmatico come si è dedotto da queste missive. Era pragmatico, era un uomo che sceglieva ogni volta...”. E questo è quanto.

Sostiene Tuena che “La passione dell'error mio” sia “il negativo della 'Grande ombra'. Quello era un romanzo con documentazione storica. Questo è un saggio che ha il ritmo e il coinvolgimento della narrativa [...]”. Un saggio composto di “materiale magmatico, incandescente e frammentario”, “evocativo e fulminante”: commentato a dovere, e con grazia, lettera dopo lettera. “La passione dell'error mio” è un personale, ispirato florilegio del carteggio degli ultimi trent'anni di vita [1532-1564] di un uomo di grande intelligenza e grande economia: uno che non sprecava, riferisce Tuena, “né pensieri né carta o inchiostro”. Uno che scriveva mostrando una “disarmante essenzialità espressiva”. Uno che, probabilmente, parlava proprio come scriveva. Secco, asciutto.

Sostiene Tuena che la suggestiva visione dell'artista in relazione col suo ambiente affettivo, famigliare e lavorativo possa essere fondamentale per una maggiore comprensione del suo spirito e della sua sensibilità: per questa ragione, il saggio comprende ventidue lettere a lui indirizzate e trentatré provenienti dal carteggio di terzi, illuminanti per decifrare certi eventi e certi comportamenti. Scelta interessante e saggia.

Sostiene Tuena che nelle sue lettere Michelangelo tenda spesso a vivere un sotteso concetto inespresso, “una ragione profonda di cui la scrittura è una sorta di frastagliata cima affiorante”. Vale a dire, che sappia scrivere comunicando sempre su più livelli, evocando o alludendo con grande naturalezza. Probabile.

Sostiene Tuena che è parso “doveroso” raccogliere le lettere e i documenti che hanno plasmato “La grande ombra”: “Non tanto per giustificare il romanzo, quanto per consentire a nuovi lettori un personale viaggio attraverso quei lacerti del Rinascimento, così come, in maniera non dissimile, farebbe un viaggiatore tornato da un'esperienza indimenticabile che volesse ripercorrere il meglio di quel viaggio, le memorie più struggenti, le intimità più nascoste”.

Su «Repubblica», Paolo Vagheggi osservava, sinteticamente e chiaramente: “Non ci sono inediti ma il libro ha un merito: porta al grande pubblico un carteggio difficilmente reperibile perché pubblicato in costose e monumentali edizioni, per lo più riservate agli specialisti. 'La passione dell'errore mio' è dunque una finestra sulla vita di Michelangelo”.

Giampiero Cinque, sul «Giornale di Sicilia», mostrava grande entusiasmo per la tenuta del libro, e per la qualità della scelta delle lettere: “Tuena ha smussato certe spigolosità della lingua cinquecentesca, ma questi lievi interventi che farebbero inorridire un filologo non sminuiscono la concretezza e lo straordinario vigore del linguaggio michelangiolesco. Superata qualche difficoltà iniziale, si va incontro a una lettura indimenticabile che insegna che cosa significa davvero scrivere con l’anima”.

Susanna Battisti, su «Kataweb», rimarcava: “La fiducia nelle infinite possibilità dell'uomo e dell'artista rinascimentali è rinnegata dall'ultimo Michelangelo e la coralità dell'epistolario fa emergere la solitudine di un genio frainteso e vessato dai suoi contemporanei. Interprete appassionato e intermediario instancabile, Filippo Tuena riesce nel suo intento di avvicinare anche i non addetti ai lavori alla sensibilità straordinariamente moderna di Michelangelo”.

A questo proposito, vale la pena ricordare che Giuseppe Frangi, su «Tracce», così rifletteva: “È la quotidianità di un lottatore, colto nel lungo corpo a corpo con la materia e con le ombre che lo assalgono. Michelangelo ha il senso potente della propria impotenza: è questa la cifra della sua grandezza. Sperimenta queste dimensioni giorno per giorno, vedendo i suoi cantieri procedere con fatica, in primis quello dell’immensa cupola che lui ottantenne vede alzarsi e vacillare...”.

Tuena, in un'intervista rilasciata ai quotidiani «Il Tempo» e «L'eco di Bergamo», ha spiegato come ha scelto il titolo: “La parola passione è quella che ricorre più spesso nelle lettere di Michelangelo, intesa sia come passione d'amore, sia come sofferenza, o come difficoltà nel lavoro. La frase 'non mi rimane che la passione dell'error mio' la scrisse dopo essersi reso conto che un pezzo di san Pietro andava buttato giù” .

Così: “Le cose mia di qua vanno non troppo bene: io dico circa la fabrica di Santo Pietro, perché non basta ordinare le cose bene, ch'e' capo maestri, o per ignioranza o per malitia, fanno sempre il contrario, e a me tocha la passione dell'error mio. Dell'altre cose, tu'l puoi considerare, sendo nell'età ch'i' sono esser. Altro non mi acade” [attorno al 15 settembre 1557, a Leonardo Buonarroti, in Firenze; qui a p. 125].

Tempo dopo, in ogni caso, Michelangelo avrebbe minimizzato le angosce del nipote, così: “Però actendi a vivere e non pensare a' casi mia, perché io mi so guardare, bisognando, e non sono un pucto. Sta' sano”. E via andare.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Filippo Maria Tuena (Roma, 1953), scrittore e antiquario italiano, laureato in Storia dell'Arte alla Sapienza.

Filippo Tuena, “La passione dell'error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564”, Fazi, Roma, 2002. Introduzione di Filippo Tuena. Copertina di Maurizio Ceccato. In appendice: bibliografia essenziale, corrispondenze, autori e corrispondenti, indice dei nomi. All'interno, un ricco inserto fotografico. Collana “Le terre/Scritture”, 43. ISBN: 9788881123278.

Approfondimento in rete: Oblique + Wiki it

Gianfranco Franchi, marzo 2013.

Prima pubblicazione: Lankelot.

“Però actendi a vivere e non pensare a’ casi mia, perché io mi so guardare, bisogniando, e non sono un pucto. Sta’ sano”