La parte difficile

La parte difficile Book Cover La parte difficile
Oreste Del Buono
ISBN Edizioni
2010
9788876381539

Questo è un romanzo di un ritorno. È il romanzo del ritorno a casa del soldato prigioniero di guerra: il ritorno di uno che aveva perduto la speranza, e s'era ingannato a dare coraggio agli altri, come poteva. Milano sembra un paese straniero: “case distrutte, muri sudici e neri per gli incendi” [p. 127], rovine a pochi passi da casa, alberi sradicati. La porta di casa, tanto attesa, è a un passo. L'interno della casa è intatto. La famiglia si raduna attorno al figlio ritornato. Lui si guarda allo specchio e si ritrova “una faccia ambigua: disorientata e goffa […]. Mi sembrava di avere polvere anche dentro gli occhi, ma doveva essere soltanto stanchezza” [p. 132]. Passano giorni, settimane. Il reduce rimane quanto più può a letto. Prima per stanchezza, poi per pigrizia e noia. Fa fatica a concentrarsi, fa fatica a leggere, fa fatica a parlare. Finisce per diventare un estraneo in casa propria. Per diventare zavorra – per sentirsi zavorra.

“Non potrai farti mantenere sempre dai tuoi, mi dicevo e avevo voglia di insultarmi. Mi chiamavo vigliacco, inetto, impotente, ma gli insulti non risolvevano nulla. Mi veniva da ridere se pensavo a come avevamo sognato la vita di famiglia nei nostri rimpianti di prigionia” [p. 158].

Ricomincia a interagire correttamente con l'alterità con qualche fatica; la scrittura è un primo viatico; un'idea di donna, una possibilità di rigenerazione. Ma è come se qualcosa si fosse incrinato irrimediabilmente, in prigionia. È la fede nell'eternità, e nel linguaggio. Il reduce, adesso, arranca. Sente d'essere sbagliato. “Non si può essere sinceri neppure nei pensieri, come si potrebbe essere davvero sinceri nelle parole?” [p. 184]. E ancora: “Difficile essere sinceri, scrivendo. Difficile o impossibile?” [p. 244].

Il reduce è diventato l'estraneo. L'estraneo ha grandi sensi di colpa. È come se non fosse mai uscito dalla prigione in cui s'era ritrovato. E la colpa non può che essere sua. Comincia a sentire bisogno di credere. Di credere in qualcuno, qualcosa. Trova la politica, abbraccia un partito, un partito di massa. Il partito comunista. Non è convinto, ma ha la sensazione che quella scelta qualcosa possa sanare. Sa che è debole, riconosce che l'ideologia sa colmare vuoti e debolezze. Certo, non del tutto. Non radicalmente.

Il reduce, estraneo, sceglie la donna sbagliata. È la donna del fratello, prigioniero di guerra, non ancora tornato a casa. La mamma se ne accorge. La mamma aveva già capito. Devono piantarla, perché il fratello sta tornando a casa. Devono finirla, perché non si può. Devono smetterla, perché hanno sbagliato. Ma il reduce, estraneo, è come un personaggio di Camus. È uno che esiste solo nell'errore, e nella colpa. E infine uccide ciò che ama, prigioniero del destino autodistruttivo che s'era imposto; che forse la guerra aveva imposto.

Riferisce Silvia Sartorio, nelle “Notizie sui testi”, che “La parte difficile”, ideale parte seconda di “Racconto d'inverno”, è stato originariamente pubblicato da Mondadori, nella collana “La Medusa degli italiani”, nel 1947. Il titolo originale era un più scolastico e fiacco “Il ritorno di Ulisse”.

Oreste Del Buono, nella “Avvertenza dell'autore” apparsa nella seconda edizione del libro, nel 1975, per Rizzoli, rivelò qualche retroscena interessante: “La parte difficile” - confidò - “fu composta, in due riprese di pochi giorni, forse di poche ore, quasi esclusivamente per concorrere al primo e unico premio a cui abbia volontariamente partecipato nella mia vita, ovvero quasi esclusivamente per concorrere alla pubblicazione in una nuova collana Mondadori che, in arancione invece che in verde, faceva il verso alla gloriosa Medusa […] ” [p. 1549 dell'“Antimeridiano” Isbn)

Secondo Guido Davico Bonino, “La parte difficile” è “il romanzo del nostos, il ritorno a casa del già prigioniero, che tutt'altro che a caso non si chiama [più] Tommaso, ma Ulisse. È lui che nell'aprile del '45, tra 'campi umidi, gonfi d'acqua e di luna', approda infine in una Milano 'dall'aspetto deserto e desolante” [“Antimeridiano”, 2010, p. X)

Secondo Daniele Brolli, “La parte difficile” è “un'opera che ha ben poco in comune con analoghi romanzi italiani: non crede nelle prospettive della società civile che nasce dal dopoguerra, in cui la borghesia, incurante delle sorti comuni, conserva inalterato il desiderio egoistico di ritagliarsi un proprio benessere. Il protagonista, il reduce Ulisse, vive la sua breve storia in assenza di desideri, con il sentimento della fondamentale inutilità di qualsiasi gesto o programma” [“Antimeridiano”, 2010, p. 1556; ex Scheiwiller, 2003, pp. 359-369).

Elio Vittorini, sul trentanovesimo e ultimo numero del “Politecnico”, stroncò questo romanzo considerandolo “grigio, triste e noioso” [p. 1607]. ODB, nel 1975, conveniva col suo giudizio, dichiarandosi riconoscente per la chiarezza, e confermando che rileggendo il libro, a distanza di tempo, aveva sentito il desiderio di riscriverlo completamente. “E così mi misi subito a riscrivere tutto”. Apparentemente.

Sta di fatto che “La parte difficile” è un libro modernissimo e decisamente occidentale: è un romanzo che dovrebbe meritare un'adeguata traduzione cinematografica, senza nessun bisogno di aggiornare la storia alla contemporaneità, ai reduci dalla guerra afgana e irachena, ai reduci della guerra iraniana che sembra stia per venire. È la ballata del giovane che va al fronte per diventare uomo e per difendere la sua patria, la sua famiglia e i suoi valori, e torna indietro che non è più niente, non ha più nemmeno un nome, e non riconosce nemmeno la sua patria, e finisce per disintegrare la sua famiglia.

Tragica allegoria dell'involuzione spirituale e culturale della nostra nazione, e della progressiva dissociazione delle nuove generazioni, “La parte difficile” sa essere spiazzante, cattivo e crudo, lascivo e disperato, malato e cupo. Sa essere vivo. Sa rivelarsi, a un passo dal 2012, profondamente necessario.

Goffredo Fofi, qualche tempo fa, ha scritto, su “Lo straniero” [121, luglio 2010], qualcosa che può valere come epigrafe della lettura di questo romanzo. “Disse Vittorini a proposito di uno dei suoi primi libri: 'Cosa rimane da fare alla borghesia? Non mentire'. I romanzi e i racconti di Del Buono non mentivano. Sosteneva che il romanzo nuovo poteva nascere solo 'da un contatto violento con la vita'”. Probabilmente, è così.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Oreste Del Buono (Isola d'Elba, 1923 - Roma, 2003), è stato scrittore, traduttore, editor presso Rizzoli, Bompiani, Garzanti. Ha diretto “Linus” e collaborato con numerose testate tra cui “Il Corriere della Sera”, “La Stampa”, “Panorama”. Esordì in narrativa pubblicando il romanzo “Racconto d'inverno”, memorie della sua prigionia di un anno e mezzo, in Germania.

Oreste Del Buono, “La parte difficile”, in “L'antimeridiano. Romanzi e racconti. Volume primo”, ISBN, Milano. A cura di Silvia Sartorio. Con un saggio di Guido Davico Bonino e una testimonianza di Nicoletta del Buono. Codice Isbn, 9788876381539.

Prima edizione del romanzo: “La parte difficile”, Mondadori, 1947. Collana “La medusa degli italiani”, numero 8. Quindi, Rizzoli, 1975, ripresa da Isbn, 2010. Intervallo, Scheiwiller, 2003.

Approfondimento in rete: WIKI IT / Repubblica

Gianfranco Franchi, novembre 2011.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Questo è un romanzo di un ritorno. È il romanzo del ritorno a casa del soldato prigioniero di guerra…