La navigazione del Po

La navigazione del Po Book Cover La navigazione del Po
Andrea Di Consoli
Aragno
2007
9788884193209

“La luce delle stelle / nella notte fonda del piazzale / non basta per vederci le mani / per accendere le sigarette / per capire la provenienza di un rumore. / Però si fa chiara in noi la direzione / luminosa la mente” (Andrea Di Consoli, “La luce delle stelle”, p. 61)

Silenzio, ché entra in scena la poesia. La poesia della terra, della sacralità della famiglia, dell'amore per una musa che è amante, moglie e madre: per un bambino che tutto questo saprà eternare. Silenzio, ché qui si canta la nostalgia per la perduta Lucania, per l'infanzia scolpita nella memoria, per la grandezza antieroica e sublime di genitori che hanno sacrificato tutto per darti la vita. Silenzio, ché questo libro è scritto col sangue, col sangue dello spirito. Quello che niente lava via, quello che poi s'infiltra nel futuro, e nel futuro tracima – e per sempre canta. Solare è il destino di chi ha rubato due parole al Verbo, sfidando Dio a rivelare un segreto nuovo, adesso, che quello del sangue è stato plasmato, fatto materia d'un'opera bella. È famiglia, sangue, terra, arte, amore.

L'opera è strutturata in dodici microcosmi. Incipit: “Il bosco della depressione”, racconto in versi d'una crisi: è la lissa, l'angoscia perenne. “E sentivo di guidare sul fango / (fango la mia vita, fango la mia faccia) / invece pioveva, grandinava, nevicava” (p. 9) e addosso, proprio come i camion, quando guidi per la strada, sembrano venire anche le ossessioni e i ricordi. È finito un tempo: solo fango e ghiacco, non altro. L'amico che se ne è andato qualche anno prima giura che il poeta è già morto: non c'è nulla su quelle strade senza stelle, altrove. Non c'è più niente. Forse perché il mondo della giovinezza, già cantato in “Discoteca”, sembra terminato: “adesso nessuno parla / qualcuno prende lo Xanax / altri sono andati in un posto lontano / con gli occhi gonfi” (p. 12). La malattia è proprio lì: nel passato perduto, abbandonato per necessità: nella terra degli antenati, amata e povera, ricordata per piazze, case, rocce, “volti paterni senza dolcezza” (p. 15). Andrea è sfinito e non cade: perché c'è lei, la donna amata, la musa dolce, e “ancora comincia un altro giorno con le tue parole”. S'è accorto che “tutta la vita è esercizio di morte” (p. 18): fa niente di fronte a quel vestito giallo che lei indossa, “quando lo sollevi sul divano, e io ti guardo / e le cose non devono mai finire / le cose sembrano ancora eterne”.

Secondo microcosmo: “Il piazzale dei genitori”. È una sezione toccante, intensa, scaldata dal fuoco sacro della famiglia: “Padre, nottetempo ci aggiriamo nella stalla semibuia / sono appena tornato da Roma / parli poco, fa freddo / le capre cercano di capire chi sono / i conigli sono spaventati dalla mia voce”: per festeggiare il ritorno del figlio, il giorno prima ha ucciso la capretta; adesso lui, uomo buono, allatta il cucciolo di lei. Commovente. Tutta questa parte è concentrata sulle immagini della famiglia al lavoro, sofferente di fronte ai conti: è “il senso maestoso dei gesti delle cose del padre / che diventano sangue nel corpo del figlio” (p. 37). Di Consoli sembra scrivere la mistica della vita rurale, la mistica del sangue e della famiglia. Semplicemente potente. Infine, nel dodicesimo pannello, “Exit Sud”, ammonirà: “Salutate il padre / salutate la madre / Andate via questa notte / Lasciate la terra chiamata sud / E non tornate / non tornate quando muore il padre e la madre” (p. 171). E' triste e vero, e per questo fa piangere e sorridere insieme. Qualcosa del genere.

Terzo microcosmo: “L'amore coniugale”. L'intento è riuscire a dire una sola parola che duri: che non abbia senso per noi solo, scrive ADC, per il tempo che viviamo. L'amore è quell'unica parola che non si perderà nella notte. “Ma se poi si muore”, dice il poeta, “Non fa niente / questo non ci compromette / altro c'inventammo che non morire” (p. 65).

Forse questa parola che duri è l'annuncio della prossima maternità di Dora: “questa sera profumerai, / mangerai in un'aria di mare / e tutto sarà chiaro, tutto sarà scomparso” (p. 47). Forse è il momento in cui i corpi “non si schiantano più / scivolano sul mondo senza patemi” (p. 48): niente più rumore, tutto naturale, perfetto. Forse è la nascita di Claudio: “quando, per troppo amore / ti ho fatto madre dolorosa” - che meraviglia. Niente glosse. Punto.

Secondo Ottavio Rossani, “Un libro maturo, questo, dopo il problematico ma ancora acerbo esordio con 'Discoteca', che aveva però rivelato il talento di Di Consoli, confermato dai racconti corrosivi e urtanti di 'Lago negro' e dal romanzo altamente lirico 'Il padre degli animali'. Con 'La navigazione del Po' l'autore è entrato in una fase di affinamento delle varie forme diaristiche usate, sulle ali di un mito familiare e personale. Esorcizza la morte per il desiderio spasmodico di continuare a vivere nonostante tutto, affidandosi ai fondamenti indistruttibili della memoria e del passato”. Fondamenti indistruttibili, e tuttavia corrosi. Per questo vanno difesi. Fino alla morte.

Vediamo cosa accade, allora, nel quarto microcosmo: “Super Santos”. È il canto della presa di luce e dell'ingresso vittorioso in vita del figlio del poeta: “la mia vita finisce / dove comincia la tua” - scrive, ADC, omaggiando Thom Yorke (“Where I end and you begin”). L'erede viene a completare il suo pensiero: “a vendicare la mia stanchezza” (p. 71). Il bambino ha già un incarico, triste e magnifico – una richiesta che ogni figlio maschio sognava fosse formulata, per tempo, dal padre: l'intensità assurda e terribile e necessaria del testamento. “Claudio, quando morirò non chiudermi / tienimi aperto in una giornata di sole / tira fuori dal mio cuore i fiori, le piante della terra / circondami degli animali di mio padre / poi la notte accendi un fuoco grande / scaccia i lupi del mio paese, difendimi / lascia che mi copra la neve d'inverno”. Il padre si dispera per la povertà, ribadisce la riconoscenza agli amici che l'hanno sostenuto, Raffaele, Mauro, Daniele, Franco: infine prega di potergli levare dal muso la rassomiglianza: “la paura, la violenza” (p. 82).

Veniamo al quinto e al sesto pannello: “Piccole cose vere che accadono” e “Mio passato mio nemico” includono versi esistenzialisti, istantanee di giornate che il poeta non vuole dimenticare, nostalgia del paese e del passato lucano; torna il Super Santos come simbolo dell'infanzia povera e calciatora (bello l'omaggio al Capitano Agostino Di Bartolomei, morto abbandonato da tutti, suicida), nell'intento di “diventare memoria non essendo smemorato” (p.103). Omaggi alle persone amate protagonisti nell'ottavo gruppo di versi: “Persone”. Storie di emigrazione coatta, di rivoluzionari falliti, di poeti massacrati all'Idroscalo (“diventano pesci, diventano delfini / quando passano bisogna voltarsi, fare finta di niente / non farsi sorprendere in lacrime quando saltano più in alto”, p. 122). Idem nell'undicesimo mondo, “Camerieri del '94”: dove si cantano i problemi e i guasti di Matera, nel coraggio di vivere la felicità nonostante il niente, nell'orgoglio magnifico e supremo di combattere tutto, povertà e difficoltà, sacrifici e paure. Vivere, e dare vita a un bambino, che sappia di quanti contrasti e contraddizioni e noie è lastricato il sentiero della gioia, della realizzazione di sé: e quanto la bellezza sappia essere rigeneratrice.

Come la Letteratura. Quando è figlia di un Letterato. I Letterati sono pochi. I Letterati Artisti ancora di meno. Andrea è un Letterato Artista. Salutem dico, magister. “Donne e bambini”, settimo microcosmo. Ancora: nostalgia (“del vento caldo che ti accarezza la gola”), appartenenza, dubbi sul senso della felicità (che sia “quel bambino coi piedi nell'acqua”, p. 112?), allegoria del perduto tempo – evaporato dai calzoni appesi al sole. In “Presagi e sogni”, nono pannello, sogno della vita oltre la morte – messaggero, un colombo che ogni giorno si poggia sul davanzale, guarda Andrea e sembra curioso e studioso di tutto. ADC domanda che la bellezza conosciuta in vita – la sua terra, quelle distese di grano verde, l'umida sera di Venosa – rimanga patrimonio dei posteri. Nel decimo sentiero, “La preistoria della terra e della sperimentazione”, si sprofonda nella meditazione sull'origine: nel pietrisco rovente si rinnova l'esistenza d'un antico fiume (della vita), e nei sogni dei vivi “cresce la ginestra e l'ortica”, crescono archetipi leopardiani e la terra che niente sconfigge, la natura selvatica, rabbiosa. Tutto finisce per “calmarsi nel sonno compatto della terra” (p. 154), questa terra che adesso ha trovato un poeta perfetto. Onoratelo, siatene degni.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Andrea Di Consoli (Zurigo, 1976), giornalista, poeta, saggista e narratore lucano. Vive e lavora a Roma; lavora come consulente editoriale. Collabora o ha collaborato con programmi radiotelevisivi della RAI, con “L'Avanti!”, “L'Unità”, “Il Messaggero”, “Il Riformista”.

Andrea Di Consoli, “La navigazione del Po”, Nino Aragno Editore, Torino 2007. Postfazione di Federico Francucci. Collana “Licenze Poetiche”.

Gianfranco Franchi, aprile 2009

Prima pubblicazione: Lankelot.