La morte felice

La morte felice Book Cover La morte felice
Albert Camus
Rizzoli
2008
9788817022156

Lascio che le parole del curatore dell’edizione italiana, Jean Sarocchi, introducano il lettore al primissimo romanzo di Camus, scritto tra 1936 e 1938, lasciato volontariamente inedito e pubblicato postumo: “(…) Rubando a Gide una suggestiva similitudine da naturalista, potremmo dire che nella crisalide de 'La morte felice' si formava la larva de 'Lo straniero'. 'La morte felice' continuava la sua ingannevole ninfosi, il suo autore s’ingegnava a riscriverla e a rianimarla in tutte le parti, ma 'Lo straniero', come un parassita ispirato, traeva il maggior vantaggio da questo lavoro che, alla fine, invece di un falso romanzo, avrebbe dato un vero racconto” (p. 146).

La morte felice” è senza dubbio un romanzo sconnesso e grezzo, slegato, e dalla trasparente trasandatezza. Tuttavia riveste ragione di interesse per due ragioni: in primo luogo è nutrimento per i pensieri e fondamentale sostegno negli studi dei cultori dell’opera di Albert Camus, perché abbozza ed evoca stile e simboli dalla migliore e più incisiva resa nelle opere della maturità; in secondo luogo, è specchio e sponda per chi intenda dedicarsi alla narrativa. Si riconosce, senza faticare, il conflitto interiore che precede il labor limae e annuncia l’autocensura; si percepisce l’ambizione di voler rispettare una struttura rigida, da sviluppare, per quanto possibile, armoniosamente; ci si scontra con una realizzazione infedele al disegno originale, distrofica e difforme, aritmica e asimmetrica. L’intelligenza, la scrittura e l’acutissima sensibilità dell’artista francese d’Algeria non possono non affascinare, nitide come appaiono anche nell’esercizio di stile destinato, pudicamente, ai cassetti e sempre, si congettura, a un passo dal falò: evitato forse per la natura, se non diaristica, almeno notevolmente autobiografica di più d’un episodio o d’un personaggio dell’opera.

Non si può gridare al miracolo, né, in coscienza, affermare che “La morte felice” sia un testo fondamentale della letteratura del Novecento: si può sostenere, in compenso, che questo romanzo breve possa costituire una singolare chiave d’accesso per comprendere e interpretare la poetica di Camus. Ancora a proposito della relazione che intercorre tra “La morte felice”, matrice rinnegata, e “Lo straniero”, osserva nell’introduzione Giovanni Bogliolo: “[...] 'Lo straniero' non è soltanto un romanzo più organicamente costruito, è un romanzo ideologicamente diverso. A parte qualche dettaglio comune (la quasi omonimia del protagonista, l’analogia di scene e personaggi di contorno) c’è un punto che, ancora ambiguo nella 'Morte Felice', diventa la chiave dello 'Straniero'. Mersault è un uomo che, per raggiungere la felicità, decide di procurarsi il denaro necessario per garantirsela e, per questo meditato scopo, arriva all’omicidio. Gidianamente disponibile all’inizio, si pone fuori delle leggi civili prima di crearsi una propria morale in contrasto con quella comune. È uno straniero, ma la sua estraneità è ancora impura, troppo profondamente inquinata di utilitarismo, di velleitario superomismo, di gratuita improvvisazione” (p. II).

Patrice Mersault, una valigia in mano, s’avvia nelle prime battute a incontrare per l’ultima volta il Prometeo della sua esistenza: Zagreus, costretto su una sedia a rotelle, stremato da un’esistenza solo contemplativa e dall’ascolto della voce d’una coscienza spietata e cinica, ha architettato la sua morte per mano del giovane allievo. Dovrà apparire come il suicidio stoico d’un uomo esausto per via del suo stato fisico. Mersault ne ricaverà denaro – quel denaro che Zagreus gli aveva insegnato a non trattare con dispetto e indifferenza, perché poteva cambiare la sua esistenza. Quel mattino d’aprile, che era apparso al ragazzo di “disumana bellezza”, è il muto e splendido testimone d’una morte.

Assassinato il suo mentore, Patrice può mutare la rotta della sua vita e indagare le origini del suo malessere, e tentare di comprendere quale possa essere il significato della felicità, quali le condizioni per la sua sussistenza, quali i primi e più aggressivi nemici. È un ragazzo appariscente: alto, dalle spalle larghe e robuste, dagli occhi scintillanti d’una grazia insolita. È naturalmente molto amato dalle donne, eppure sembra vacillare di fronte alle responsabilità d’un rapporto che non sia leggero. Se ne accorge quando la gelosia comincia a strangolare non solo la sua serenità, ma la sua idea stessa dell’amata, avvelenando il sentimento.

Mersault abita nella camera in cui dormiva la madre, morta qualche tempo prima dopo una terribile malattia durata anni interi. È rimasto lealmente al suo fianco, fin oltre quel che era consentito: “l’odore di povertà” della sua terra è andato a costituire il simbolo della sua origine, e il sapore della sua irrefutabile appartenenza. Non ha saputo, forse, accettare la morte: incapace d’elaborare il lutto, e di sopportare la distanza da chi, prima tra ogni donna, era stata incarnazione di bellezza e amore, è andato solcando la precarietà e la caducità d’ogni esperienza sentimentale ed estetica. E così, vagabondo e irrequieto, abbandona la sua compagna Marthe, nel desiderio di tornare ad essere pietra, d’aspirare all’impersonalità: forse per abiurare quel sentimento splendido capace di essere fonte di un dolore così atroce, forse per spontanea estraneità alla felicità, almeno per come essa era intesa dal prossimo.

Parte per Praga, destinato a un viaggio che significherà una consapevole accettazione della morte, ed un ritorno alla “cascata accecante della casbah sopra al mare”, ad Algeri: per ritornare, nella gioia, “alla verità dei mondi immobili”, come pietra tra pietre. Capace d’oblio e di innocenza, nonostante se stesso.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Albert Camus (Mondovi, Algeria, 1913 – Villeneuve-la-Guyard, Francia, 1960), dottore in Filosofia, tragediografo, romanziere, saggista e giornalista francese d’Algeria. Premio Nobel per la Letteratura nel 1957.

Albert Camus, “La morte felice”, Bur, Milano, 1971. A cura di Jean Sarocchi. Introduzione, nota biobibliografica e traduzione di Giovanni Bogliolo. Il libro è strutturato in due parti, intitolate rispettivamente “Morte naturale” e “La morte cosciente”, suddivise in cinque capitoli ciascuna.

Prima edizione: “La mort heureuse”, Gallimard, Paris, 1970.

Gianfranco Franchi, 14 maggio 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Romanzo sconnesso e grezzo, slegato, e dalla trasparente trasandatezza, e tuttavia filologicamente rilevante