Il trasloco

Il trasloco Book Cover Il trasloco
Paolo Morelli
Nottetempo
2010
9788874522439

"Durante un trasloco infatti si perde, man mano nei giorni, sia la vanità che la credulità sull'esistenza degli oggetti. Chiunque crede nell'esistenza degli oggetti si facesse un trasloco e vedrà con evidenza che non è possibile che esistano tante cose nel posto dove vive. Come quando in casa penetra un raggio di sole, e nel pulviscolo si vedono tante di quelle parti volanti che ci si chiede come si faccia di solito a respirare in mezzo a tutta quella roba, così durante un trasloco ci si rende conto che non esiste illusione più evidente dell'esistenza degli oggetti" (Morelli, "Il trasloco", p. 11).

Paolo Morelli, poliedrico artista capitolino classe 1951, ha avuto un'intuizione niente affatto ordinaria: raccontare in letteratura cosa significhi un trasloco, quali dinamiche possa innescare l'abbandono delle antiche abitudini e dei consueti punti di riferimento (e di riconoscimento: negli oggetti), e quanto un periodo di interregno tra una casa e un'altra vadano spiazzando, disorientando e lacerando l'interiorità di un individuo, e alterando la natura delle sue interazioni sociali. "Il trasloco" (Nottetempo, 2010) è, da questo punto di vista – quello dell'idea pura – qualcosa di assolutamente potente, intelligente, sensibile e sensato: sarà che chi scrive viene da qualche mese di implacabile disordine e di inattesi sacrifici, causa lavori, ma insomma mi sono trovato ad aderire, sin dalla lettura del comunicato stampa, con vera empatia al malessere e alla confusione mentale del narratore. E poi, man mano che leggevo il libro, pensavo – e mi chiedevo... – se avevo mai letto qualcosa del genere in narrativa italiana, se mai un nostro narratore s'era concentrato solo e soltanto sui lavori in casa o su un trasloco in un suo romanzo; e non riuscivo a darmi risposta, non riuscivo a stabilire un parallelismo con nessuno. E quindi stavo per scrivere un articolo, dopo una cinquantina di pagine, in cui esultavo per l'originalità assoluta del libro, e del taglio della narrazione: era ora, mi ripetevo, e andiamo... Man mano, però, Morelli ha un po' perso di vista la formidabile idea iniziale, dando vita a una sorta di raccolta di racconti, diciamo a una giostra di episodi (sketch, al limite pezzi da performance) e di schizzi, di digressioni mezze politiche (anche), mezze satiriche, mezze grottesche, che perdevano la notevole compattezza delle prime pagine, delle prime battute. Peccato? Sì e no. Perché in ogni caso Morelli ha saputo coinvolgermi, divertirmi, irritarmi (il che non è un male, intendiamoci) e stupirmi; credo molto nelle coincidenze, e questo libro m'è venuto incontro nel momento giusto. Mi spiace che "Il trasloco" non abbia la compattezza e l'uniformità che speravo e auspicavo: è profondamente, terribilmente, incresciosamente disordinato. In ogni caso so già che non lo dimenticherò facilmente.

**

"In una placida serata d'autunno la vostra fidanzata, all'entrata di un teatro, vi ha convinto che la casa dove siete fidanzati da oltre trent'anni cade a pezzi,e voi in una serata di metà marzo, ancora piazzato placido placido nelle apparenze vi siete guardato attorno e l'avete vista per l'ultima volta che cadeva a pezzi. Poi siete uscito e avete chiuso la porta. È così che potete raccontare l'anno più brutto della vostra vita, sempre in apparenza" (pp. 18- 19). Questo frammento sembra l'incipit ma non lo è. Arriva con una leggera differita, a dispetto della sua parvenza di genesi, e vi accompagna nella psiche del narratore, nei primi passi di questa storia. Scintilla quella parola lì, "apparenza"...

Morelli. "Sulle apparenze, c'è da dire che certe volte paiono proprio quelle adatte. Altre volte no, ma questo è un altro discorso che non ha bisogno di precisazioni. Per un funerale un'apparenza adatta potrebbe essere un giorno di quelli grigi, onde di nebbiolina chiara spostate così lente dal vento che i parenti e gli amici, senza nemmeno volerlo, si ritrovano a coppie isolate dalle altre, allacciati il più delle volte in una specie di valzer triste e rallentato intorno alla bara" (pp. 24-25). Cosa intuite da questo breve frammento? Esatto, siete nel mondo di un bravo cantastorie, uno che parte da un discorso sulle apparenze e poi prende e se ne va, felicemente anarchico e ispirato, per conto suo, a parlare della nebbia e di queste coppie (vedrete) per un po', senza andare (sappiatelo) a finire da nessuna parte. Ma proprio da nessuna. Forse è questo il bello, dipende da cosa stiate cercando.

Il narratore deve passare un bel po' di tempo in un'altra casa, una casa neutra, spersonalizzante, prima che finiscano i lavori nella sua. Questa è l'origine dei suoi monologhi e delle sue stravaganti vicende, delle sue sterminate digressioni su qualsiasi cosa, dal lavoro ai mestieri, dalle forze dell'ordine alla scalogna. Ne deriva uno dei libri più bizzarri e inconcludenti che abbia mai letto in vita mia (e dire che non ne ho letti pochi), sicuramente uno dei più divertenti come idea-cardine (e idea-regalo), naturalmente uno dei più inevitabilmente destinati alla lettura in pubblico. Più alcolica è meglio è. Fidatevi.

Un pazzo con lampi di lucidità, oppure uno che scrive come un jazzista. Questo è jazz letterario. Questo è quanto.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Paolo Morelli (Roma, 1951), scrittore, musicista, performer e cronista calcistico italiano. Collabora con "Il Manifesto".

Paolo Morelli, “Il trasloco”, Nottetempo, Roma 2010. Pagine 170, euro 14. ISBN 978-88-7452-243-9

Gianfranco Franchi, luglio 2010.

Prima pubblicazione: Secolo d'Italia. A ruota, Lankelot.