Il rumore degli alberi

Il rumore degli alberi Book Cover Il rumore degli alberi
Giovanna Mulas
La Conca
2003

Erano tante a Nugoro, le cose non dette; più di quelle realmente pensate; mai pronunciate o ammiccate e rimaste sospese per aria come rondini dal volo stanco, oppure nuvole, evanescenti e simili a illusioni perdute e mai ritrovate”. (Il rumore degli alberi, pp. 20-21)

Nella prefazione, Pasquale Pantaleo stabilisce un parallelismo che pregiudica sensibilmente l’interpretazione del primo dei tre racconti di questo volume, l’eponimo “Il rumore degli alberi”: il critico ritiene d’aver riconosciuto segno d’un’eredità verghiana nella prosa della giovane scrittrice sarda, affermando che esistano similarità e convergenza tra la poetica dei vinti e le vicende dei due protagonisti principali del racconto. Onestamente, al di là della rappresentazione dell’arretratezza culturale d’un ambiente isolano, e di qualche felice campionatura del dialetto locale, chi scrive non ha riconosciuto – e fortunatamente – ascendenze verghiane. È bene che non si confonda una torbida, fascinosa e drammatica vicenda sentimentale, come quella narrata dalla Mulas, con lo spirito dell’opera d’uno scrittore che derivava da altro paradigma e altra visione del mondo; sarebbe una semplificazione grossolana e neppure adatta a una antologia scolastica. Questo proprio per ribadire l’indipendenza della Mulas da un modello del genere: che riteniamo possa costituire e sintetizzare una fase della nostra letteratura ampiamente conclusa e interiorizzata, e non ripetibile per ragioni storiche, sociali e culturali.

Prese le distanze da una deviante lettura dell’opera come quella proposta da Pantaleo, proviamo a evidenziare i topoi del libro. Le vicende descritte nei tre racconti (a “Il rumore degli alberi” s’aggiungono “La Fenice” e “Nella parte più alta del cielo”) sono sanguigne e appassionate variazioni sul tema eros e thanatos. Gli esiti più felici mi sembra si riscontrino nel primo dei tre, che può vantare un’ambientazione inconsueta e infrequente nella nostra Letteratura – un piccolo paese sardo – e una drammatica epifania d’una predestinazione di classica memoria; la cornice del testo non è particolarmente originale, a dispetto dell’ambientazione. Un misterioso forestiero, che l’autrice tinge di colori e connotazioni convenzionali del demonio (colori predominanti, rosso e nero: valigia di pelle rossa, come sangue, un pastrano nero, capelli neri; sguardo di “carbone ardente”) per rapire il lettore in una dimensione presto negata dall’evoluzione del racconto (tutt’altro che fantastico: sentimentale e rurale), si presenta dal vecchio e rispettato possidente terriero e usuraio Pascale, per riscuotere un debito contratto quindici anni prima. Pascale, sconvolto, comprende di cosa si tratti; da questo punto in avanti, ha inizio la narrazione in analessi delle sue vicende.

Era un diciassettenne di saldi principi contadini (“La vita ci impara in fretta”, “Servo è servo, padrone è padrone”, p. 19), infausta condizione originaria (orfano di padre), fortunata sorte (ingaggiato da un vecchio e ricco amico del padre, per riconoscenza). Legato da immediato e naturale – per così dire – vincolo di fedeltà nei confronti del suo padrone, si trova a essere combattuto tra due, infuocate e contrastanti passioni.

C’è Mariedda, sensuale fantesca, non inesperta nelle questioni amorose, e Mariana, giovane moglie del padrone, “continentale” e subito sedotta dal fascino del ragazzo. Il contrasto – come si può vedere e intuire – è di natura prima sociale, quindi culturale, infine “etnica” ed etica: la storia tende a riservare momenti di grande emozionalità e passionalità, alternati con imperiosi e inevitabili revanscismi moralisti; la piccola comunità isolana, infatti, non può accettare un amore tra servo e padrona, né il tradimento della fiducia d’un padrone; pur di non dover testimoniare tutto questo, è pronta a dimenticare il passato dissoluto della fantesca (pure già licenziata da Mariana), purché sia moglie del reo.

Senza svelare l’epilogo della vicenda – questa è pur sempre una recensione – ci limiteremmo a registrare che l’asse portante del racconto non è certo, o non è esclusivamente, la sorte d’un popolano e del suo anziano padrone; questo è un racconto d’argomento assolutamente erotico, al limite leggibile, con esiti interessanti, in chiave simbolica (i nomi delle due donne protagoniste, sin dall’etimo, e il particolare scioglimento della loro rivalità, suggeriscono di interpretare la loro apparizione alla stregua di quella di un “doppio”).

I pregi di questo primo racconto si possono riconoscere nella freschezza e nella spontaneità dei dialoghi – a volte prossimi alla “presa diretta” – nella facilità di scavo nella psicologia dei personaggi che la Mulas magistralmente dimostra, nella – ripetiamoci – atipicità dell’ambientazione, famigliare – congetturiamo – alla scrittrice, nella intensità e nella sensualità dei legami che uniscono i vari personaggi.

Nelle altre opere, perdiamo la fascinosa ambientazione isolana e ci ritroviamo a sfogliare pagine che sembrano volersi ascrivere – sin dall’adozione di nomi stranieri – ad altre letterature; e che rimangono, tendenzialmente, fedeli al meccanismo dell’agnizione finale e si sviluppano dalla scintilla sacra della riflessione e dell’indagine sui sentimenti degli esseri umani.

La Mulas canta l’amore, la passione, la menzogna, la morte: ha stile e compostezza e mantiene un apprezzabile equilibrio formale, non cadendo nel pericoloso tranello dei facili esotismi (s’allude al secondo e al terzo racconto). Sa descrivere la violenza dei sentimenti – senza lasciare mai l’impressione d’essere artificiosa; e questo suo talento potrà regalare, in futuro – questo il mio auspicio – memorabili figure romanzesche.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Giovanna Mulas (Nuoro, maggio 1969), narratrice, poetessa e saggista italiana. Nel 2003, è stata candidata al premio Nobel per la Letteratura.

Giovanna Mulas, “Il rumore degli alberi”, Edizioni La Conca, Roma, 2003. Prefazione di Pasquale Pantaleo.

Gianfranco Franchi, settembre 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.