Il ragazzo di buona famiglia

Il ragazzo di buona famiglia Book Cover Il ragazzo di buona famiglia
Guido Piovene
Rizzoli
1998
9788817860055

Tre anni prima del suo esordio (“La vedova allegra”, 1931) Guido Piovene, giovanissimo, aveva scritto un romanzo – questo – rimasto inedito sino al 1998. Un romanzo “tronco, intimamente e forse volutamente incompiuto e lasciato nel vago” - commentava allora Bettiza; chiosando, tuttavia, con un riconoscimento niente affatto marginale. “Il ragazzo di buona famiglia” è infatti, secondo il letterato spalatino, una specie di codice genetico completo dell'opera e della vita di Piovene: “è in questo premonitorio inedito giovanile che germinano infatti i semi delle novizie, delle visionarie, degli omicidi e suicidi che via via incontreremo nei successivi lavori dello scrittore; ed è sempre nell'inedito che misteriosamente si annunciano perfino il DNA biologico e il destino dell'uomo” (pp. XVIII-XIX).

Contestualizziamo l'opera, con l'aiuto del magistrale prefatore: “La cosa più straordinaria di questo libro finora inedito è che sia stato scritto da un ventenne. Questo primo romanzo, anzi questa sua prova primissima anche dal punto di vista cronologico e bibliografico, era stata avviata nell'autunno del 1927 e conclusa nell'inverno del 1928 […]. Si presenta ancora oggi con l'impianto romanzesco di uno scrittore che appare già in felice possesso del proprio talento […]. Insomma, una prova generale riuscita” (p. V).

Nella Nota al Testo, Paola Mazzucchelli ci racconta che il dattiloscritto originale si trova presso la Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza, nell'Archivio Scrittori Vicentini; consta di 321 fogli, è datato e porta due titoli diversi: “Il ragazzo di buona famiglia” e “Il ragazzo beneducato”. La scelta è caduta sul primo perchè il secondo è stato scelto da Piovene per un racconto apparso prima in rivista, nel 1929, quindi nella già citata raccolta d'esordio “La vedova allegra”. Il racconto non ha rapporti derivativi rispetto al romanzo.

“Il ragazzo di buona famiglia” è una saga famigliare romantica e malinconica, poggiata sulla narrazione delle vicende di tre generazioni di uomini della famiglia Gaffurio. È uno spaccato degli anni Venti, del difficile momento della transizione, del passaggio tra una cultura e uno stile di vita e l'altro. Tre sono i personaggi fondamentali: il nonno, Marco; suo figlio, Giacomo; suo nipote, Carlo.

Marco prevede la sua fine: sente di doversene andare. Ha già un anno in più di suo padre, quando morì, e s'è accorto che sta cambiando atteggiamento nei confronti della vita. Il primo segno è stato quando ha capito che il nipote non era più il suo tesoro prediletto, ma una sorta di rivale, con cui confrontarsi; l'amore stupendo e tutto interessato per il figlio di suo figlio ha assunto una forma diversa. E poi Marco ha capito che aveva ritrovato il piacere morboso della solitudine, come fosse tornato adolescente.

Piovene descrive, passo passo, quella che sembra una volontaria rinuncia alla vita da parte d'un vecchio che ha avuto tutto, e tutto quel che aveva ha dato; notevoli i passi dedicati ai suoi ultimi istanti di vita, alla sua anima che va sprigionandosi dal corpo, mantenendo tuttavia una stupenda lucidità, di cui i famigliari non sanno capacitarsi. E la morte appare come un silenzio innocente d'un pomeriggio estivo, e le stanze sembrano, tutto a un tratto, meno ammobiliate e più spaziose, e l'aria più soffice (p. 71). Forse perché “Morto l'uomo, le cose lentamente allargano il loro dominio, prepotenti, inesorabili: e, fra gli oggetti, il più scialbo è quello immobile, impallidito, che invece scompare sempre più nelle lenzuola, s'eguaglia sempre più con lo sfondo”.

Giacomo, figlio di Marco, reduce di guerra, ha passato gli ultimi mesi al fronte in una viva solitudine che molto ricorda quella che stava cercando suo padre, nelle prime battute del romanzo. È partito che era un giovanotto ingegnoso, a detta di tutti, ma oziosetto, discontinuo, pigro e donnaiolo; è tornato con l'idea di dare vita a un nuovo ordine famigliare, a un nuovo equilibrio. Sente che il dopoguerra è il momento giusto, è il momento di fare fortuna: “Bisognava solo affrettarsi, perché tra poco ogni cosa sarebbe tornata a posto: ma, per ora, tutto era in mano del primo arrivato” (p. 29). Tuttavia, come tanti investitori troppo giovani e incoscienti, precipita in una spirale di sbagli da vero invertebrato, ritrovandosi presto nei guai per via della scarsa liquidità e della scarsa copertura economica statale. Giacomo diventa prima un personaggio angosciato, tormentato dalle scadenze e dai rischi che ha scelto di affrontare, e poi sprofonda nel suo malessere, totalmente, congedandosi dalla vita prima del tempo, con un suicidio lento, molto coreografico.

Carlo, figlio di Giacomo, è un ragazzotto che sembra vivere soltanto nella ricerca dell'amore, e nell'amore finisce per trovare senso, mentre le colonne del suo clan si sgretolano e crollano, rumorosamente, una dopo l'altra. Forse è un paradosso, ma Piovene sembra più adatto a raccontare – ventenne – un adulto e un vecchio, entrambi in fase di profonda trasformazione e di crisi esistenziale, che un ragazzone che scopre le cose della vita.

**

L'inedita prima prova di scrittura di Piovene mostra un buon equilibrio stilistico, una almeno discreta capacità di rappresentare gli abissi e la superficie profonda della psiche dei personaggi, una granitica e credibile estrazione borghese (da tutti i punti di vista) e un nitido ordine mentale.

Piacevole pensare non sia andata perduta. Non è immortale, ma ha qualcosa da insegnare: l'ordine, la ricercatezza, l'umiltà, l'empatia; qui vagisce una bella personalità autoriale, e quel vagito spesso si tinge d'arte.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Guido Piovene (Vicenza, 1907 – Londra, 1974), giornalista, scrittore e critico letterario italiano, discendente da antiche famiglie aristocratiche. Esordì pubblicando la raccolta di racconti “La vedova allegra” (Torino, 1931). Si laureò in Filosofia con una tesi sull'Estetica di Vico.

Guido Piovene, “Il ragazzo di buona famiglia”, Rizzoli, Milano 1998. Prefazione di Enzo Bettiza. Nota al testo di Paola Mazzucchelli. Inedito, il libro è stato composto tra 1927 e 1928.

Gianfranco Franchi, maggio 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.