Il carteggio Bellosguardo

Il carteggio Bellosguardo. Henry James e Costance F. Woolson: frammenti di una storia Book Cover Il carteggio Bellosguardo. Henry James e Costance F. Woolson: frammenti di una storia
Valerio Aiolli
Italosvevo
2017
80
9788899028206

Costance Fenimore Woolson, quarantenne, nipote del più famoso James Fenimore Cooper [autore dell'“Ultimo dei Mohicani], aveva viaggiato parecchio per gli States, pubblicando con alterne fortune raccolte di racconti, saggi brevi e poesie; veniva da una famiglia sfortunata, perché aveva perso tre sorelle più piccole per la scarlattina, e veniva da un'epoca insanguinata, perché aveva osservato molto da vicino i massacri della Guerra Civile e la decadenza del suo amato Sud [“la guerra fu il cuore e lo spirito della mia vita”]. Aveva deciso che non era il caso di sposarsi, né di mettere figli al mondo. Viaggiava e scriveva; perduta la mamma, aveva ricevuto una discreta eredità e aveva cominciato a vagare per l'Europa. In Europa – meglio: nella “divina Firenze”, nel 1880, poteva incontrare uno dei suoi idoli: uno che di americano non aveva quasi più niente, lo scrittore Henry James, altro viaggiatore instancabile, poliglotta, già famoso per “Daisy Miller” e sul punto di pubblicare a puntate “Ritratto di signora”, più giovane di Costance di due o tre anni.

Carteggio Bellosguardo” di Valerio Aiolli [Italosvevo, 2017; euro 12, pp. 80] è la frammentaria ed inevitabilmente ellittica storia del loro incontro, della loro pluriennale amicizia, del loro (forse) incompiuto amore; della dedizione di Costance F. Woolson e della riservatezza di Henry James, della speranza di lei che quel rapporto si trasformasse in qualcosa di diverso, dell'epilogo drammatico della sua vita, della cancellazione metodica del loro fitto epistolario, superstiti una manciata di lettere soltanto.

È una storia d'amicizia e d'amore, di desiderio e di debolezza, di letteratura e di Toscana, e di Venezia; è una storia raccontata e restituita da un artista fiorentino che si sente ben distante tanto da Henry James quanto dalla Woolson dal punto di vista estetico [al limite, dovendo scegliere un americano, Aiolli si prende Hemingway]. E quindi? Quindi Aiolli si ritrova a raccontare questa storia per una questione di “punto di vista”, a quanto pare letteralmente: dalla finestra della cucina di casa sua, a Firenze, Aiolli vede Villa Brichieri-Colombi e Villa Castellani, antiche protagoniste del mancato amore di Costance ed Henry; pochi anni fa, ospite di una passeggiata letteraria, ha potuto finalmente visitarle e s'è ritrovato a sentir parlare un gran biografo di Henry James, Colm Tóibín, di tutto quel che era loro capitato, proprio mentre era distratto da una situazione non troppo differente – a pochi passi, c'era la donna di cui era innamorato, senza essere corrisposto: “Quindi della passeggiata letteraria io ricordo molto bene il taglio di capelli che le metteva in evidenza il collo aristocratico, il cinturino fucsia dell'orologio che portava al polso, il suo modo di camminare lievemente ondeggiante, gli sguardi impenetrabili che di rado mi lanciava, il tono allegro della sua voce quando scambiava qualche parola con amici o conoscenti, cioè con gli altri. Ma non ricordo niente di ciò che disse Colm Tóibín. Villa Castellani però me la ricordo [...]”.

Questo è il libro dello sguardo di Costance Fenimore Woolson verso Henry James, e di Valerio Aiolli verso una donna senza nome; è il libro di una parte di Firenze che un tempo era tutta campagna, e adesso ha cambiato, almeno in parte, senso e spirito e colore; è un libro di spettri e di rimorsi e di rimpianti, di occasioni mancate e di lettere bruciate; è un libro di americani espatriati e restituiti alla vita e alla bellezza qui nel Mediterraneo, qui in Italia; è il libro di un sodalizio artistico che forse è andato oltre i suoi limiti; è il libro delle cattiverie di Henry James, malcelate in certi suoi personaggi; è una profonda meditazione sull'assenza. In un certo senso, infine, questo è un libro che fa intravedere cosa significa guardare nel vuoto.

Il testo, completo di una buona bibliografia in appendice, è apparso nella “Piccola biblioteca di letteratura inutile” della tergestina [rediviva, emi-romanizzata] Italosvevo, diretta da Giovanni Nucci, collana caratterizzata da un'estetica ceccatiana e dai fogli intonsi [sì, vi dovete mettere a tavolino, comodi e concentrati, e dovete aprire il “Carteggio” col vostro vecchissimo tagliacarte, proprio come il nonno, di fronte a certe edizioni di pregio]. Si tratta dell'ottava uscita; tra i compagni di collana di Valerio Aiolli, il poeta Giorgio Caproni [“Sulla poesia”] e Alfonso Berardinelli [“Non è una questione politica”]. Una grafica riconoscibile, non ci piove; la personalità non manca. C'è la possibilità che si sconfini nell'originalità, come nel caso di questo riuscito, piccolo libro; l'obiettivo è guadagnare la più ambita posizione della libreria, cioè il mezzo metro dal registratore di cassa.

Gianfranco Franchi, ottobre 2017

Questo è il libro dello sguardo di Costance Fenimore Woolson verso Henry James, e di Valerio Aiolli verso una donna senza nome; è il libro di una parte di Firenze che un tempo era tutta campagna…