Il bosco di acacie

Il bosco di acacie Book Cover Il bosco di acacie
Fulvio Tomizza
All'insegna del pesce d'oro
1966
9788845220722

1966.Trentunenne, Fulvio Tomizza pubblica il terzo pannello della sua “Trilogia istriana”: “Il bosco di acacie”, pubblicato a Milano nella famigerata “All'insegna del pesce d'oro” di Vanni Scheiwiller, è il lirico e malinconico epilogo della vicenda dei figli del popolo raccontata in “Materada” [ultimi tempi prima dell'esodo; esodo] e “La ragazza di Petrovia” [sopravvivenza nel campo profughi]. In questo terzo libro gli istriani hanno avuto la consolazione di poter ricominciare a lavorare la terra: in Friuli, distanti poche decine di chilometri dalle loro case, almeno in linea d'aria, pronti a prendere e tornare indietro non appena possibile. E intanto, sono stati consegnati a un'esistenza comunque nuova, in un contesto estraneo.

“Tu sai cos'era qui appena arrivati? Deserto. Una strada tutta fango, la casa, e d'intorno deserto. Non un filo d'erba. La terra gialla, aperta. Si stava chiusi in casa per il caldo e per gli insetti. […] Con le bestie qui ti aiuti poco. Non le si slega neppure. Se nasce femmina la tieni, se no al macello” [pp. 37-38]. In compenso non mancava l'acqua, e la terra era generosa: ma “tutta uguale, buona ma uguale” [p. 58]. Più avanti, Tomizza ripete: “[...] il loro primo pranzo doveva essere stato difficile in quella cucina nuova, la terra non ancora graffiata e tutta uguale fino alla strada” [p. 74].

E questa ossessiva ripetizione – questa estraniante sensazione di “terra tutta uguale” – racconta che c'è qualcosa che non va. Quella terra, nonostante le sue qualità e nonostante la sua generosità, “somiglia ma non è”. Dice una delle anime di questo romanzo breve: “Non è quello di prima, non lo sarà mai. Mi pare una terra di altri, che non sarà mai mia, è come se essa lavorasse me. Non si ha più amore”. E poco oltre, ribadisce: “Perché lavorare, prima, voleva dire far meglio degli altri, mettere un incalmo che facesse restare gli altri, sentirti figlio di tuo padre, su una terra tua di sempre” [p. 76]. Di sempre.

Lavorare la terra istriana significava sentirti figlio di tuo padre; e allora quanto è sciagurata e allegorica la sorte di chi, lavorando un'altra terra, finisce per dover seppellire il padre in un territorio forestiero: è come un segreto, scrive Tomizza. “Come un segreto. Quasi che il suo morirsene qui in una campagna mai vista dopo ottant'anni e, prima ancora, secoli di vita in una terra penetrata in ogni sua zolla; dopo cinque anni di vita davvero impensata in un Campo di raccolta, le mani in mano, gli occhi stupiti, un luogo assolutamente impossibile ad accogliere il suo ultimo respiro; quasi che il suo venirsene a morire qui, appena trovato un letto di noce tutto per sé in una stanza semibuia, tutt'intorno il respiro di una strana terra, rispondesse ad una logica interna, un ordine severo che regola l'apparentemente caotico accadere delle cose; e contenesse in sé come un avvertimento” [p. 60].

Ha scritto Claudio Marabini: “Si tratta dell'epopea di un crollo, nata evidentemente senza un piano, senza ambizioni troppo lungimiranti, ma a caldo e con estrema adesione. Di quel crollo, in sostanza, è detto tutto e chi esce dalla lettura conosce, come avendolo vissuto, un tratto di storia e s'è arricchito di qualcosa che ne va oltre, scende cioè nelle passioni, che non cambiano e proprio si riconfermano nei momenti più duri, balzando con quella perentorietà e immutabilità d'accenti che noi non sappiamo indicare se non con la parola 'poesia'”.

È la poesia della terra e del popolo esule – è la poesia della perduta patria e del morto padre. È la poesia del bosco nuovo in cui ha inizio una prima diaspora. Perché in quella terra giovane e tutta uguale tanti giovani non vorranno restare. Perché non ha proprio senso vivere per lavorare.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Fulvio Tomizza (Giurizzani di Materada, frazione di Umago, Istria, Italia; 1935 – Trieste, FV-Giulia, Italia, 1999), scrittore e giornalista istriano. Esordì, come narratore, pubblicando “Materada” nel 1960.

Fulvio Tomizza, “Il bosco di acacie”, All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1966 [Vanni Scheiwiller]. Collana “Narratori”, 15. Tiratura limitata 2000 copie. La mia è la copia numero 1375.

Prima edizione: Milano, 1966. Poi Mondadori, 1967, nella “Trilogia istriana”. Poi Bompiani, Milano 1993 [ISBN: 9788845220722].

Approfondimento in rete: WIKI it

Gianfranco Franchi, aprile 2012.

Prima pubblicazione: Lankelot.

1966. Trentunenne, Fulvio Tomizza pubblica il terzo pannello della sua “Trilogia istriana”…