Galeazzo Ciano. Una vita [1903-1944]

Galeazzo Ciano. Una vita [1903-1944] Book Cover Galeazzo Ciano. Una vita [1903-1944]
Giordano Bruno Guerri
Mondadori
1979
9788845265693

Secondo saggio di Guerri post “Giuseppe Bottai, un fascista critico”, “Galeazzo Ciano” apparve nel 1979. Lo storico senese illustra spirito e senso dell'opera: “Un lavoro su Galeazzo Ciano era necessario sia per ricostruire la politica estera fascista dal 1936 al 1943, relativamente poco studiata, sia per definire in modo critico la figura del delfino di Mussolini: ancora considerato, sull'onda della vox populi fascista, il 'generissimo' viziato e incapace del duce, Ciano fu in realtà una figura complessa, nel bene e nel male molto più importante nella storia d'Italia di quanto si credesse” (Nota all'edizione del 2001, p. 9).

Questa figura complessa fondò il Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1935 (p. 110); si adoperò per la fortuna dei neonati centri di cultura cinematografica in tutta Italia, e fu proprio in quei contesti che mossero i primi passi Antonioni e Rossellini. Non solo: Ciano introdusse il “giornale radio”, o meglio – come spiega Guerri - “la figura del giornalista e del commentatore politico radiofonico. Prima, infatti, ci si limitava a leggere uno schematico e impersonale comunicato passato dall'agenzia Stefani. Ciano ottenne da Mussolini di far dare queste notizie da un commentatore che le interpretasse ai fini del regime e avesse un tono di ufficialità” (p. 107).

Com'era Ciano? Guerri, al solito, dà vita a una biografia monumentale, completa, eccezionalmente documentata e ricca di aneddoti. Ne deriva l'immagine di un uomo versatile, dall'intelligenza mimetica, portato per il camaleontismo; non fumava, non beveva, non giocava; amava le belle donne, e non faceva niente per nasconderlo, con buona pace di sua moglie Edda, figlia di Mussolini. Non fu squadrista, a dispetto di quanto propagandato all'epoca; fu un intellettuale e un diplomatico famoso per il suo snobismo, la sua buona memoria, la sua ossessione per il peso (cfr. ricordo di Orio Vergani, pp. 206-207) e la sua buona educazione. Aveva stile, e come uomo pieno di stile sarebbe stato ricordato dagli altri diplomatici. Ambizioso e vanitoso (“Toccando gli uomi nella vanità personale, non si sbaglia”: p. 185), Ciano era paradossalmente un uomo semplice, portato alla sintesi (detestava logorroici e prolissi, cfr. ad es. p. 187); se avesse avuto meno fortuna politica ed economica, chissà, sarebbe stato davvero molto più simile al padre, un uomo generoso e forte ma essenziale, “primitivo”. Secondo il suo vecchio amico Giorgio Amendola, Ciano jr era “un giovane aperto, intelligente, e aveva una grande voglia di piacere e di essere ammirato” (p. 37). E quando parlava con il suo amico comunista, Galeazzo “accentuava il suo distacco dal fascismo” (p. 39), ribadendo che non poteva lasciarlo perché col padre ministro e membro del Gran Consiglio aveva la carriera assicurata. Insomma: il giovanotto aveva le idee chiare; era pronto a camminarci sopra pur di fare carriera. Sarebbe successo: sarebbe diventato un gran fascista per convenienza. Nel frattempo, la Roma cortigiana “scarnificava” ciò che c'era in lui di genuino e di generoso (p. 102), stando a quanto ci racconta Guerri.

Lettore debole ma non scadente (cfr. sempre i ricordi di Vergani, p. 41 e ss.: in tempo di guerra, leggeva Bacchelli e Patti; rispetto a certi gerarchi, era Croce), un passato non memorabile da critico teatrale e discretamente vergognoso da drammaturgo (fischiato e umiliato per la sua “Felicità di Amleto”, cfr. capitolo II), fu nazionalista ma non fascista; niente affatto fascista, in niente. Guerri insiste molto su questo aspetto. “Ciano non era fascista. Non lo era e non lo fu mai, nell'intimo. Passato giovanissimo e ignaro fra le lotte politiche del dopoguerra, 'caldamente' invitato dal padre a non occuparsi di politica, la successiva permanenza in paesi lontanissimi non aveva certo favorito il suo accostamento al fascismo, malvisto nel mondo dei diplomatici italiani, figurarsi fra quelli stranieri. Ciano era (…) un buon borghese, un conservatore (neppure tanto illuminato) per istinto, tradizione e educazione. Apparteneva insomma proprio a quella categoria di persone che tutti i fascisti, dall'estrema destra all'estrema sinistra del movimento, volevano far scomparire per sempre” (p. 99). Chiaro? Chiaro. Decisamente.

Mussolini (1930) diceva fosse un buon ragazzo, “straordinariamente intelligente: un impiegato di Stato, ma di valore. Farà strada. Intendiamoci: non per me: per merito suo” (p. 87). Certo è che il matrimonio con sua figlia Edda è andato inequivocabilmente ad agevolarlo, politicamente. Economicamente non del tutto; Edda era una giocatrice sregolata, al tavolo perdeva facilmente tanti soldi, come niente fosse. In ogni caso i due furono genitori prodighi, scrive Guerri, di tutto ma non di tempo per i loro piccoli; si tradirono spesso, e sopportarono reciprocamente le corna. Alè.

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Il giovane Ciano, figlio del livornese Costanzo, un eroe di guerra, non ereditò dal padre il coraggio e la temerarietà; in battaglia si distinse come “mitragliatore” (p. 138), nei tristi giorni dei massacri in Etiopia. Galeazzo ereditò il titolo nobiliare acquisito da suo padre: fu conte di Cortellazzo e di Buccari. Motto di famiglia, “Memento Audere Semper”; sulla scrivania, un ritratto di un grande eroe istriano, amico di suo padre, Nazario Sauro.

Costanzo, secondo Guerri, sarebbe diventato un eroe nazionale leggendario se non avesse avuto la parte che ebbe nel fascismo: fosse morto prima, “adesso in tutte le città italiane ci sarebbe una via Costanzo Ciano” (p. 21). Galeazzo non poteva ambire a un risultato del genere; al limite, sarebbe rimasto nella memoria dei livornesi come “figlio di suo padre”. Spiega Guerri: “Durante il ventennio la città si sviluppò parecchio e, considerando il periodo 1895-1949, il porto raggiunse la maggiore attività nel 1938, un anno prima della morte di Costanzo. Oltre a far ingrandire il porto, Ciano fece costruire uno degli ospedali più grandi e moderni d'Italia, le poste, il palazzo del Governo, lo stadio (intitolato a Edda Ciano Mussolini) e, con l'immodestia tipica nel regime, molti di questi edifici portavano il suo nome” (p. 32). La rossa Livorno, insomma, dovrebbe essere molto riconoscente alla famiglia Ciano, a quanto pare di capire: “Livorno deve la sua fortuna al fatto di essere la città natale di Costanzo Ciano”, scriveva nel 1974 Laura Fenici nella sua tesi “Livorno dal 1920 al 1940”. Notizia spiazzante per noi profani.

Nel testo, Galeazzo Ciano viene raccontato come un diplomatico abbastanza abile a riconoscere, per tempo, mali e limiti del nazionalsocialismo, e a ribadire la scarsa opportunità d'una alleanza con quella gente; come un uomo capace di terribili premonizioni belliche (p. 421), e di oscure previsioni sulla propria morte (sin dai primi racconti, scritti da ragazzo); come uno stratega dell'area balcanica, dove teneva i fili d'un caotico equilibrio albanese-greco-jugoslavo, cambiando facilmente alleanze e punti di riferimento; come un politico, giovanissimo, capace di cavalcare per tempo la necessità di dare vita a un ministero dell'informazione e della propaganda (per un'opposizione tra le interpretazioni di Guerri e di De Felice, cfr. nota asteriscata a p. 113); come un soldato sanguinario e spietato, purtroppo, e come uno dei responsabili dell'atroce sorte dei fratelli Rosselli (importante: cfr. pp. 248-252) nei giorni della Guerra Civile in Spagna; come un italiano che voleva essere anima d'una impossibile pace con l'Inghilterra (cfr. p. 566), e come una persona che ha affrontato con dignità e fermezza la sua sorte, pagando con la vita per le proprie scelte politiche, rischiando di passare come il traditore del suo capo, del padre di sua moglie, pur di non rinnegare l'Italia. Una scelta tragica e dolorosissima, che tra qualche secolo – suggerisce Guerri – ispirerà forse nuova letteratura, assieme agli ultimi momenti di vita di Ciano; si voltava per guardare il plotone d'esecuzione, sorridendo.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Giordano Bruno Guerri (Monticiano, Siena 1950), scrittore, giornalista e storico italiano. Si è laureato in Lettere con una tesi su Giuseppe Bottai, poi pubblicata da Feltrinelli (1976). Già direttore del mensile “La Storia Illustrata”, collabora col “Giornale”. Ha lavorato come redattore per Bompiani e Garzanti.

Giordano Bruno Guerri, “Galeazzo Ciano. Una vita (1903-1944)”, Mondadori, Milano 2001. Prima edizione: 1979. In appendice, Bibliografia e Indice dei nomi.

Gianfranco Franchi, settembre 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Una biografia monumentale, completa, eccezionalmente documentata e ricca di aneddoti. Ne deriva l’immagine di un uomo versatile, dall’intelligenza mimetica, camaleontico…