Filosofia del cane

Filosofia del cane Book Cover Filosofia del cane
Diogene di Sinope
duepunti
2010
9788889987346

“Ad Alessandro, che una volta incontrandolo gli disse: 'Sono Alessandro, il Gran Re', rispose: 'E io sono Diogene, il Cane'. E quando il Re gli chiese spiegazioni disse: 'Scodinzolo a chi mi dà qualcosa, abbaio a chi non mi dà niente e mordo i buoni a nulla” (Diogene Laerzio racconta Diogene di Sinope).

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“A chi gli disse che vivere è un male rispose: 'Non vivere, ma vivere male'”. Diogene di Sinope, il Cinico (412 a.C – 323 a.C.), era, secondo l'augusto Andrea Libera Carbone, gran filosofo e letterato palermitano, un anti-Socrate dotato di una dialettica del tutto atipica per l'epoca, esattamente antitetica a quella socratica. Lui doveva avere ragione non domandando, ma rispondendo. Era “il filosofo delle risposte”. Peccato soltanto, chiosa il gran Carbone, che non avesse nessuna teoria. Quanto alle risposte, una su tutte, per capirci. Sesto Emipirico (II-III sec.) ricorda che “qualcuno rivolse un'obiezione sull'esistenza del movimento a un cinico che, senza rispondere, si alzò e si mise a camminare, dimostrando così coi fatti che il movimento esiste”.

Platone la vedeva diversamente: secondo lui eravamo di fronte a un “Socrate impazzito”. Discepolo, forse, di Antistene, Diogene ebbe numerosi allievi. Insegnava loro a mangiare cose semplici e a bere soltanto acqua: insegnava loro a essere indipendenti e autonomi. Diogene Laerzio ci insegna che per dormire si serviva di un mantello doppio; e che teneva con sé soltanto una bisaccia per il cibo e un bastone. Della scodella si liberò quando s'accorse che poteva bere nel cavo della mano. Credeva ogni luogo fosse adatto per dormire, conversare o mangiare; “diceva di essere un cane, uno di quelli che tutti lodano, ma aggiungeva che di tutti quelli che lo lodano nessuno avrebbe avuto il coraggio di andare con lui a caccia”. Contrapponeva alla fortuna il coraggio, alla legge la natura, alla passione la ragione. Se ne andava in giro con una lanterna accesa in pieno giorno, dicendo: “Cerco un uomo”. E a chi gli chiedeva quale beneficio avesse ricavato dalla filosofia, rispose: “Se non altro, essere preparato ad affrontare qualunque sorte”. Coniò il termine “cosmopolita” per rispondere a chi gli chiedeva di dove venisse. Si direbbe che il conio abbia avuto fortuna.

Il suo genio viene qui ricostruito sulla base delle principali testimonianze antiche, in ordine cronologico; si parte da Aristotele, si finisce con un Florilegium Monacense del VII o dell'XI secolo. Filodemo di Gadara, nel primo secolo avanti Cristo, ribadisce l'autenticità della “Repubblica” di Diogene. Scopriamo che in essa si proponeva di sostituire la moneta con gli astragali, e si sognava una società in cui si potesse vivere come i cani, lascivi e naturalmente viziosi, sregolati e libertini. L'etimo della parola “cinico” si riferisce esattamente alla parola “cane”, in greco. Forse non è un caso.

Cicerone imputa a Diogene il pensiero che il successo e le fortune dei disonesti siano una clamorosa smentita del potere degli dèi; ribadisce la sua ostilità ai cinici, “nemici del pudore”, e ricorda quanto avvenne quando Alessandro gli offrì qualsiasi cosa, e lui rispose, secco, “Spostati un poco dal sole”. L'ombra lo infastidiva. D'altra parte lui si sentiva superiore al Re perché a lui nulla mancava mentre l'altro moriva di insoddisfazione per qualsiasi cosa. Seneca ricorda questo episodio ammettendo la superiorità di Diogene.

Plutarco scrive che Diogene, vedendo un ragazzino che s'ingozzava di dolci, andò a schiaffeggiare il suo precettore: “e aveva ragione, poiché la colpa non è di chi non ha imparato ma di chi non ha insegnato”. Ateneo (II-III secolo) riferisce che una volta, vedendo un cavaliere tutto rasato e profumato, disse: “Mi ero sempre chiesto perché si dice 'zoccola', ora lo so”.

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Carbone medita: “Si è detto a ragione che l'approccio antiteorico di Diogene si esprimeva attraverso il gesto (e a volte il gestaccio), capace di svelare in modo dirompente la natura di tutto ciò che rende gli uomini schiavi. La performance di Diogene includeva tuttavia anche un ricorso sistematico a giochi di parole spesso nel contempo sferzanti e complessi, ma talvolta del tutto estemporanei, che erano a loro volta come un vero e proprio gesto della parola, o una riduzione della parola a gesto […]. Mancava finora, mi pare, una traduzione che si sforzasse di rendere per il lettore moderno compiutamente percepibile questo aspetto della perizia dialettica del Cane” (pp. 7-8).

Eccola, finalmente, a disposizione di tutti, al commovente prezzo di euro 9 (tondi), magnifico viatico ad affrontare la recessione con dignità, semplicità e coraggio. Bastano una botte, un bastone, una bisaccia, questo libro e una lanterna. Forse la lanterna è già eccessiva, più simbolica che altro. È il libro, a essere fondamentale.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Diogene di Sinope (412 ca. - 323 a.C.), filosofo greco. Maestro cinico.

Diogene di Sinope, “Filosofia del cane”, Duepunti, Palermo 2010. A cura di Andrea Libero Carbone. La traduzione si basa sui testi raccolti nelle due edizioni di L. Paquet, “Les Cyniques grecs: fragments et témoignages”, Ottawa, 1975 e G. Giannantoni, “Socraticorum reliquiae”, 4 voll., Roma 1983-1985.

In appendice, bibliografia essenziale e iconografia moderna.

Approfondimento in rete: WIKI it / Anarcopedia

Gianfranco Franchi, aprile 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.com