Despero

Despero Book Cover Despero
Gianluca Morozzi
Guanda
2007
9788860880680

L'unico, vero romanzo rock italiano è la storia di una band mai esistita, raccontata da un trentenne che allora esordiva: Gianluca Morozzi, da Bologna. Era il 2001, e i Despero entravano nei cuori di una nutrita, agguerrita legione di fan, assieme al loro creatore; uno scrittore capace di raccontare (inventare), in questo suo romanzo di formazione, dodici anni d'amore, di appartenenza a due sogni diversi – la sua band, e la sua musa – di scelte di vita, di coerenza.

“A Peter Parker, amico d'infanzia, maestro di vita”: con questa grottesca dedica s'apre la carriera di uno dei narratori più amati della nuova generazione, salutato come il Nick Hornby italiano. E la sua opera prima è una saggia ragione per sincerarsene: è un romanzo pop alto, storia di una rock band italiana raccontata dalla sua anima, chitarrista e autore di tutti i testi, un giovanotto che tifa per il Bologna e dal Bologna ha appreso una gran lezione:

“Stavolta mi salvo solo grazie alla mia esperienza di tifoso. Un tifoso sa assorbire mazzate da spezzare la schiena, sconfitte indigeribili, finali sfumate a tre minuti dalla fine. Un tifoso sa come direzionare il dolore, come alzare barriere. Un tifoso con quindici anni di stadio alle spalle è indistruttibile” (p. 159). Sacrosanto.

Un breve momento di gloria – un buon disco, soltanto, “Caos”, del 1994, un singolo mainstream, “Crepuscolo”, e poi una carriera tutta in declino, mentre la vecchia guardia dei fan voltava le spalle a una band che sognava di rinnovare la lezione dei Diaframma e dei (primi) Litfiba: fare onesto rock in italiano. Niente di derivativo, qualcosa di personale. Possibile? Possibile. Pensate agli Scisma, per dire, o ai vecchi Marlene Kuntz. I Despero suonano, negli ultimi tempi, nell'indifferenza dei fan ragazzini, che guardano quei trentenni sul palco e pensano che su MTV non sono passati mai, e che non hanno niente di radiofonico. È rimasto, della vecchia formazione, un cantante atteggione e presuntuoso, Zanna, che sin da ragazzino sembrava Brando giovane coi capelli di Morrison: una fighetta che era passata dal ruolo di bassista a quello di frontman, con tanto di Yoko di turno pronta a dargli consigli sul suo futuro. E quali consigli può dare una che si chiama Yoko? Vattene e lasciali cuocere nel loro brodo, di fronte a te hai una strada ben diversa. Qualche compromesso e tanti soldi. Basta rinunciare all'idea di fare arte, e consegnarsi mani e piedi all'industria discografica; niente di difficile.

Cristian Cabra detto Kabra, il chitarrista, sta capendo che il viaggio è finito; si ritrova a un passo dai trenta con tre esami sul groppone prima di laurearsi. In dodici anni, ha scritto ogni pezzo su una chitarra incantata, “Terminus Est”, rubata di fortuna una notte – la notte per eccellenza della sua adolescenza. Quando ha conosciuto lei, Sarah. La ragazza che ha ispirato tutte le sue canzoni. La ragazza che sarebbe finita tra le braccia di Zanna, di Magico – uno che aveva fatto fortuna in Inghilterra, e poi era tornato indietro perché si stava riducendo male – e di Tex. Tex? Il leader degli Zeronero, la band rivale per eccellenza, con tanto di risse e pestaggi a inizio carriera. La ragazza che gli avrebbe insegnato ad amare Bruce Springsteen, e a scoprire tutta una serie di dischi della madonna; la ragazza che avrebbe desiderato per sempre, cercandola in tutte le altre, perdendosi ogni volta che credeva di averla dimenticata. La ragazza che non avrebbe mai ricevuto nessuna delle sue lettere – fino alla fine, si intende – e che avrebbe visto nuda soltanto mentre stava facendo l'amore con un altro, ubriaca, incosciente. Lei finirà per suonare il basso nella formazione nemica: da donna del cantante, oltretutto.

E poi c'è il Magico, che nei primi anni suona nei Burning Party, una band inglese, ammantato da un'aura leggendaria: lo ritroveremo nei Despero, a fine carriera. “In teoria” - scrive Kabra - “io e lui agiamo nello stesso campo, ma fra noi due corre lo stesso rapporto qualitativo che c'è tra il mio idolo Lorenzo Marronaro, bomber del Bologna, e, diciamo Johann Cruyff. Metà delle cose che fa non posso pensare di riprodurle, l'altra metà nemmeno le capisco” (p. 44).

Com'è il Kabra? “Amo pensare di essere un'incognita, dicevo. Al liceo i destini erano già previsti e prevedibili, stampati nel DNA di ognuno di noi adolescenti dai lineamenti in divenire. Era ovvio che Laurenti sarebbe diventato un bancario e Govoni un capufficio, che Bertinelli sarebbe finito in qualche giro losco, che Zanna in qualche modo avrebbe sfondato e Biavati, con le sue pose da poeta decadente, si sarebbe sistemato nello studio di un suocero notaio. Di Lore non si poteva intuire il percorso intermedio, ma di certo il destino finale. Solo io ero un'incognita. Avvocato, come auspicavano i miei con tutte le loro forze, chitarrista alcolizzato, barbone felice?  Il bello è che non lo so neanch'io dove sono arrivato. Non so se sono un artista incompreso, o solo un mediocre musicista senza una lira. Sono abbastanza bravo a scrivere canzoni che nessuno ascolta, ma in compenso sono il peggior chitarrista del mondo” (pp. 13-14).

Lui è uno che ha smesso di divertirsi quando fare concerti è diventato soltanto un lavoro malpagato, quando s'è accorto che la magia stava finendo; che qualcosa dell'antica alchimia s'era spezzato, e che non c'erano più prospettive. È rimasto al suo posto, a scrivere pezzi e a suonarli dal vivo in concerti sempre più improbabili, accettando qualche avventura ogni tanto pur di dimenticarsi di lei, pur di prendere le distanze da lei. E nel romanzo si trova a dover fare delle scelte. La più bella è l'ultima – sono passati anni dalla prima pubblicazione del romanzo, la posso raccontare. Kabra prende e riforma – ex novo – la band, recuperando il suo vecchio amico batterista, Lore, e scegliendo una ragazzina che assomiglia tutta a Sarah, con qualche anno di prima. Mentre Zanna riempie i palazzetti, a qualche chilometro di distanza, lui e i suoi Despero sono tornati a infoibarsi in qualche localetto da trenta, quaranta persone. Difficile credere che suoneranno un pezzo mainstream e paraculo come “Crepuscolo”, adesso: Kabra è diventato il frontman, e ha le idee chiare sul futuro della band; ribellione, antagonismo, sperimentalismo, radicalismo: arte. Rock.

Ecco, si vede che Morozzi è uno che ha molto sofferto, come ognuno di noi, per il tradimento di certe band in cui credeva tanto; e che è pienamente consapevole di come possano andare le cose, a certi livelli, da quando arrivano i soldi, le grandi etichette e tutta una serie di fan allegre ed entusiaste. Ha voluto raccontarci un esito plausibile di una vicenda come questa; la fine di un sogno e la rinascita di un'idea. Come Dio comanda.

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Avrei voluto leggere questo romanzo a ventitre anni, quasi dieci anni fa, quando è uscito. Se avessi avuto questa fortuna, so che mi avrebbe sostenuto e sorretto nei momenti di difficoltà, e mi avrebbe dato le risposte giuste a proposito della mia attività letteraria. Avrei trattato “Despero” come un libro fatato, perché in un certo senso questo è: è la storia di un modello intelligente, coerente e sfortunato di comportamento; coerente e bellissimo. Il parallelismo tra mondo musicale e mondo letterario è molto facile. Tiene.

Avrei voluto leggerlo dieci anni anni fa perché così avrei avuto un regalo perfetto per tutta una serie di antieroici amici musicisti, gente con cui ho avuto l'onore di dividere il palco, qualche volta, come gli Zoa o i Mug, o che sono finiti a Londra, in cerca di Magico, come Andrea Vergani dei Butterfly Collectors. Ecco, so che questo è il romanzo perfetto per tutte quelle band che continuano a darsi da fare, a vomitare per la tensione prima dei concerti, a smazzarsi per riuscire almeno a pagarsi la benzina per le trasferte; per tutte quelle band che sono riuscite a pubblicare la loro musica con etichette minori, e hanno sofferto rotture e separazioni nella formazione, inventandosi ruoli e musicisti nuovi. È il libro che serviva a ricordare loro che c'è una strada giusta e una sbagliata: di quella giusta sappiamo poco, ma è bene ribadire cosa sia quel poco. Non fa niente quante persone siano lì ad ascoltare, e non fa niente quante copie potrà vendere il vostro disco. La differenza la fa quello che vi unisce tutte le volte che suonate, le birre che vi offrono al bancone, alla fine, il piacere e il divertimento di stare insieme per creare musica nuova, il sorriso di lei che forse ha capito e forse no che anche stavolta quella canzone è nata perché fosse sua, e sua soltanto.  Grande esordio. Punto.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Gianluca Morozzi (Bologna, 1971), scrittore e musicista, ha esordito pubblicando il romanzo “Despero” per Fernandel nel 2001. È stato tradotto in Inghilterra, America e Germania. Sostiene di essere “il più grande tifoso del Bologna mai esistito”; a quanto pare è proprio così.

Gianluca Morozzi, “Despero”, Guanda, Parma 2007. Collana “Fenici Tascabili”.

Prima edizione: “Despero”, Fernandel, 2001. Titolo originario dell'opera: “Kabra”

Approfondimento in rete: WIKI It

Gianfranco Franchi, agosto 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Esordio di Morozzi.