Carmilla

Carmilla Book Cover Carmilla
Sheridan Le Fanu
Feltrinelli
2016
9788807902420

Nella letteratura gotica, esiste un anello di congiunzione tra “Il Vampiro” di John William Polidori (1819) e “Dracula” di Bram Stoker (1897): è l’aristocratica vampira Carmilla, figlia dell’immaginazione dello scrittore irlandese di sangue francese Sheridan Le Fanu. Questo romanzo breve del 1871 costituisce una nuova e singolare epifania dell’esistenza di questi fascinosi e (apparentemente) immortali seduttori dell’umanità. Spiega e illumina, a questo proposito, il prefatore della nuova edizione Fanucci, Evangelisti: Carmilla “sorprendentemente, non è un vampiro notturno, ma solare. Il suo pallore è dovuto non già a un’esistenza umbratile, ma alla semplice circostanza di essere morta ormai da qualche secolo (per l’esattezza, dal 1698). Per il resto, si muove con disinvoltura, sui prati, in pieno giorno, e ama le passeggiate all’aperto […]. Gli appetiti di Carmilla non sono equamente distribuiti. Verso i contadini, per esempio, ha un’invincibile ripugnanza, che confina con l’odio. Del sangue di loro si ciba, sì, ma è un pasto consumato in fretta, tanto per tenersi in piedi. Antitetici ai suoi canoni di bellezza, non li destina né al piacere né alla morte vivente, non li vuole trasformare a loro volta in vampiri. Li spedisce sottoterra e non se ne cura oltre (…) instaura rapporti amorosi destinati a durare oltre la vita solo con appartenenti alla sua stessa classe aristocratica” (“Carmilla, Robespierre e il piacere aristocratico”, p. 8; p. 11): questi i tratti distintivi della vampira di Le Fanu.

È una figura – ma questo tratto non è difforme rispetto alla tradizione precedente e posteriore, maschile o femminile che sia – eroticamente irresistibile: ambigua, d’una bellezza apparentemente figlia dell’innocenza, trama inganni a danno della donna amata con intelligenza, ostinazione e determinazione; senza che questa apparente cerebralità vada a discapito della sua sensualità, della sua naturale vocazione alla provocazione e alla seduttività.

La vicenda è ambientata in un castello della Stiria, edificato in un luogo solitario e primitivo; il successivo Schloss è addirittura a venti miglia. La narratrice è Laura, giovane erede d’una famiglia della piccola aristocrazia, d’origine inglese. Il padre, ex ufficiale asburgico, aveva comprato il castello e il feudo con la sua pensione. La madre è morta quando Laura era piccolissima. La storia viene narrata a quasi dieci anni di distanza dagli eventi avvenuti: allora Laura era soltanto diciottenne.

Sua ospite era la dolce e corrotta Carmilla. La vampira, sotto le spoglie d’una sfortunata e gentile giovinetta, conosce il vezzo princeps d’ogni mentitore: il narcisismo. Nel corso delle sue apparizioni, a distanza di oltre un secolo, ha mutato soltanto la disposizione delle lettere del suo nome (Mircalla, Millarca): ne potremmo dedurre che non intende essere irriconoscibile, e non sembra desiderare di passare del tutto inosservata; oppure, più semplicemente, che come ogni mentitore di talento tende a lasciare segni e tracce dei suoi inganni, probabilmente per sentire una forma di eccitazione e di soddisfazione maggiore, una volta compiuta l’impresa. Gioca sul suo fascino tetro e angelico, che origina in Laura sentimenti di attrazione e repulsione, di adorazione e di avversione; s’irrita quando qualcuno le fa notare che ha dei canini piuttosto aguzzi, ma sembra la replica vezzosa e stizzita figlia d’una orgogliosa femminilità.

Come da prassi nel romanzo dell’Ottocento e del primo Novecento, uno dei sistemi chiave per rivelare la verità (ma non sempre per affermarla) a proposito della nuova incarnazione del mentitore (o per smascherarne l’“identità spirituale”) è un ritratto: Laura appenderà in camera un ritratto d’una nobildonna straordinariamente assomigliante alla sua tenera e lasciva amica; è piuttosto antico, e ovviamente è impossibile, ai suoi occhi, che possa trattarsi altro che d’una eccezionale coincidenza. Non è una coincidenza, e la fanciulla ritratta è davvero Carmilla.

Conosciamola. “Era esile e meravigliosamente aggraziata. A parte il fatto che i suoi movimenti erano languidi – molto languidi – niente, nel suo aspetto, faceva pensare che fosse malata. La carnagione era colorita e luminosa; i lineamenti erano minuti e assai raffinati; gli occhi grandi, scuri e splendenti; i capelli splendidi, non ho mai visto capelli così sontuosamente folti e lunghi come i suoi quando erano sparsi sulle spalle; spesso provavo a sollevarli con le mani e ridevo, meravigliata del loro peso. Erano straordinariamente sottili e morbidi, di un bruno intenso, molto scuro, con qualche pagliuzza dorata” (p. 49).

Carmilla è parca d’informazioni: tutto ha sintetizzato nel suo nome, altro non intende rivelare – non è una narcisista sprovveduta, in altre parole: osserva infatti la sua amante (e vagheggiata concubina) Laura: “Per le mie stime irragionevoli, ciò che mi disse equivaleva a niente. Primo: il suo nome era Carmilla. Secondo: la sua famiglia era molto antica e di nobile lignaggio. Terzo: la sua patria era a ovest. Non mi volle confidare il nome della casata, né il loro blasone, né il nome dei loro possedimenti, e neppure quello della nazione in cui vivevano” (p. 51)

La storia è quella d’un amore “proibito” tra due giovinette: per esasperare l’atmosfera di “perdizione”, l’intuizione di Le Fanu è stata quella di giocare la carta del soprannaturale. L’epilogo sarà quello consueto e prevedibile: l’individuo perturbante, sensuale e irresistibile ma “illegittimo” e “imprevisto” dalle norme e dalle consuetudini di quella società, verrà restituito all’oblio; non prima che il lettore venga informato della sua avversione nei confronti della religione, della sua renitenza alle preghiere, della sua naturale mendacità e del suo talento omicida. Quel che forse Le Fanu non poteva immaginare era che il potenziale erotico sprigionato dalla sua saffica eroina potesse sublimare il suo gretto moralismo autoriale e i suoi pregiudizi, cristallizzando in Carmilla un’icona erotica dalle fertili e molteplici incarnazioni nella cinematografia, e nella vita quotidiana e postmoderna.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Joseph Thomas Sheridan Le Fanu (Dublin, Eire, 1814 – Dublin, Eire, 1873), giornalista e romanziere irlandese di sangue francese. Esordì pubblicando il racconto “The Ghost and the Bone-Setter” nel Dublin University Magazine, nel 1838.

Sheridan Le Fanu, “Carmilla”, Fanucci, Roma 2004. Traduzione di Annalisa Di Liddo. Introduzione di Valerio Evangelisti.

Prima edizione: “Carmilla” apparve nella raccolta “In a Glass Darkly”, nel 1872.

Gianfranco Franchi, dicembre 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.