Canone inverso

Canone inverso Book Cover Canone inverso
Paolo Maurensig
Mondadori
2009
9788804595205

Sfoglio il romanzo, dopo aver terminato la seconda lettura. Cerco di tornare sui miei passi: torno a camminare per le vie di Vienna, ascolto in una locanda la musica di un tenebroso violinista. Ha inizio il canone inverso del lettore: dopo l’incanto dell’adesione empatica all’anima del libro, il legame con la storia s’avvia al conto alla rovescia. Tra qualche tempo i dettagli andranno a perdere nitore; poi sfumeranno, infine saranno ceneri danzanti, e il colore d’un ricordo confuso – infine, poesia, perché non c’è altro nome adatto a definire la sensazione d’aver interiorizzato una storia, fino a giostrarla tra i propri sogni e fino ad orchestrarla nella dinamica disarmonia dello spirito. E allora adesso voglio parlare di questo libro di ombre e sofferenza maledetta, e della solarità della vocazione artistica di Jeno e Kuno; della loro distante origine, e della totale convergenza nell’arte e nella rabbia del sangue.

Un violino del Seicento è il simbolo della storia. Adesso andiamo a dipingere la prima scena del libro, apparente epilogo d’una vicenda vissuta nella ricerca d’un senso del passato, e nel tentativo di pronunciare la perduta verità. Il pregiato violino è appena stato consegnato al suo nuovo possessore, che va esaminandolo come se lo stesse riconoscendo. Strumento straordinario e sinistro; incarna, in un certo senso, una tela di Munch. Ospita una testa antropomorfa intagliata sul cavigliere al posto della tradizionale chiocciola, dall’espressione feroce e dalla bocca spalancata, in una posa simile ad un grido. Il violino d’un liutaio che poteva aver conosciuto gli abissi della pazzia: ed averli rappresentati in quella testa. Il nuovo proprietario, primo narratore della nostra storia, riceve una visita inattesa: è uno scrittore, violinista dilettante. Sembra esasperato: deve scrivere la parola fine ad una storia legata a quel violino: tenta di contrattarne l’acquisto, invano. Al termine della sfortunata trattativa si sente comunque libero da una sensazione che fino ad allora l’aveva assediato. Adesso può raccontare la sua storia. Siamo a Vienna, un anno prima, durante i festeggiamenti per il trecentesimo anniversario della nascita di J.S. Bach. Lo scrittore incontra un violinista tenebroso e di straordinario talento: nel silenzio d’una locanda, l’artista interpreta, esaudendo la richiesta dello scrittore, la Ciaccona di Bach. Il giorno successivo, torna a cercarlo nella stessa locanda: nessuno conosce quell’uomo. E allora lo scrittore vaga per le vie di Vienna, nella città che vive giorni di festa in onore dell’antico maestro; e, quando ormai dispera di poter incontrare quell’uomo – che sentiva sarebbe stato l’origine della storia sulla musica che da tempo doveva scrivere – si sente salutare. Il violinista ha con sé quel violino: quel violino che sta attraversando il tempo, e lega segreti di sangue e memorie di famiglie, e amori traditi e amicizie perfette. A questo punto il violinista decide di raccontare la sua storia: ha un testimone che potrà eternarla. Ed è la storia di un giovane che non aveva mai conosciuto il padre, e viveva per la musica perché quel violino era tutto quel che rimaneva del padre; ed aveva un talento divino, perché se la passione nasce dal dolore e dal sangue non può che avere il respiro della grazia di un dio, e niente altro ha senso nella vita d’un uomo che non sia vivere di quella passione: perché è la propria memoria, il proprio cammino, la propria vocazione; è appartenenza. Totale. E allora non si osserva e non si ascolta neppure quel che accade intorno: è dedizione incondizionata, e fede – e segreta ricerca della verità, e unico richiamo col proprio passato: incarnazione della memoria perduta nell’adesione al sentiero di ricerca del padre. Musica: elezione e dannazione sublime.

Può esistere l’amore: ma lei è la musa eterea ed evanescente incarnata in un’altra violinista: è la dea che già cammina tra le note ispirate dei grandi del passato – è la nuova apparizione dell’albatro, che solo nel momento del volo solitario è incanto e armonia, e tra gli uomini si fa debole, si sgretola; già polvere divina, fragilità imperfetta di donna, suprema grazia di innocenza originaria. E l’amore è l’istante cristallizzato del sogno – volo dei due albatros nei cieli segreti degli uomini nuovi – una stanza e musica, e niente altro che due violini abbandonati alla poesia. L’amicizia, se esiste, è elettiva. Elettiva: ed esclusiva. Arte, dunque: e fratellanza. Nel destino d’una folgorazione, arte, amore, amicizia, la vicenda di Jeno sino all’improvvisa apparizione del canone inverso. Discesa nel regno che non si può pronunciare: e identità e memoria e sogno confuso, dolore infinito e apparizione dell’eternità. Immortalità dell’arte e dei sentimenti: sensazione del lettore è che il libro appena vissuto abbia il destino della buona narrativa: quello di attraversare il tempo, come un violino stregato d’un liutaio impazzito.

Romanzo impostato, strutturalmente, in maniera analoga alla “Variante di Luneburg”: la storia è narrata, in analessi, da differenti narratori che si passano, per così dire, il testimone della narrazione mantenendola in prima persona e detenendo una presunzione d’onniscienza per via della pressoché totale non contemporaneità degli eventi trattati. Ulteriore analogia è rappresentata dall’agnizione finale: se nel primo romanzo di Maurensig il riconoscimento d’una identità era reso possibile dalla scacchiera e dalla posizione di gioco ribattezzata Variante di Luneburg, qui la medesima funzione è adottata da un violino.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Paolo Maurensig (Gorizia, 1943), talentuoso narratore mitteleuropeo.

Paolo Maurensig, “Canone inverso”, Mondadori, Milano, 1996.

Gianfranco Franchi, settembre del 2002.

Prima pubblicazione: ciao.com. A ruota, lankelot.