Camera con vista

Camera con vista Book Cover Camera con vista
E.M. Forster
Mondadori
2001
9788804493839

A cent'anni di distanza dalla prima pubblicazione, “Camera con vista” invecchia molto male, mostrando una trama sconnessa e una propensione ai dialoghi più teatrale che narrativa; fotografa, però – e questo ci interessa – il senso di superiorità degli inglesi nei confronti dei nostri compatrioti, e racconta molto della percezione del Belpaese all'epoca: terra splendida, ricca di opere d'arte, popolata da antropoidi; i “veri residenti”, stando a Forster, sono gli inglesi che si sono stabiliti in Toscana da qualche anno, mai i nostri concittadini. Sono quei “veri” residenti l'unico interlocutore di questi viaggiatori inglesi: grottesco, ma non basta. Il romanzetto di Forster, nient'altro che una tiepida vicenda sentimentale dall'esito eccezionalmente scontato, è una camera con vista sull'eredità del grand tour. Si sverna, da queste parti, sorridendo del sole e delle opere d'arte e tollerando a malapena l'italiano: è un approccio davvero intollerabile e inspiegabilmente oscurato da buona parte della critica. Secoli di fango lanciato in faccia ai lettori italiani, in traduzione s'intende, spacciati per omaggi: comincio a non raccapezzarmi, perché si direbbe che le prime vere tenerezze nei nostri confronti le ha espresse il giovane Tobias Jones nel 2003, riconoscendoci una civiltà superiore a quella inglese. A dispetto dei nostri parlamentari, e nonostante le polemiche che hanno accompagnato l'uscita del suo libro. Andrebbe rivalutato, credetemi.

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Era piacevole svegliarsi a Firenze, aprire gli occhi su una camera nuda e luminosa, con il pavimento di piastrelle rosse che parevano pulite e non lo erano, con il soffitto dipinto, dove grifoni rosa e amorini azzurri si svagavano in una foresta di violini e fagotti gialli. Era piacevole anche spalancare le finestre, ferendosi le dita con chiavistelli non familiari, affacciarsi nel sole con le colline, gli alberi e le chiese di marmo di fronte, e sotto, non lontano, l'Arno, che gorgogliava contro il terrapieno della strada” (FORSTER, “Camera con vista”; p. 18).

Camera con vista” è un primitivo e spocchioso atto d'ammirazione nei confronti di (della natura, e dell'architettura di) Firenze, Fiesole, Settignano, raccontato da personaggi che vengono a visitare queste terre “in cerca della vita, non di cose gradevoli”. Turisti inglesi rivali e antagonisti dei residenti inglesi, che si considerano depositari della verità sui segreti e sulla bellezza dei luoghi, come s'accennava.

Questo romanzo è in primis, per noi contemporanei, un documento della “trivialità” dei cittadini italiani, fascinosa almeno quanto le opere d'arte (“si corre il rischio di tornare in patria senza altri ricordi se non quello del cielo azzurro e degli uomini e delle donne che vivono sotto di esso”, p. 19). Proprio come nel più classico dei grand tour, in Forster abbondano comparsate di preti, mendicanti, camerieri impudenti e guide da schivare; non mancano risse per questioni di poco conto (finite, va da sé, in omicidio) e odiose perquisizioni dei doganieri. Le osservazioni dei personaggi sul nostro stile di vita, e sulle condizioni igieniche, sono raccapriccianti; ne ho selezionate alcune, quelle che trovo più irritanti, e le ripropongo a beneficio dei contemporanei:

La vita, nel Sud, manca di organizzazione, e il più bel paese d'Europa era ridotto a un ammasso informe di indumenti. La strada e il fiume erano di un giallo sporco, il ponte di un grigio sporco, e le colline di un viola sporco” (p. 37)

Gli italiani sono persone davvero sgradevoli. Curiosano dappertutto, vedono tutto, e sanno cosa vogliamo prima ancora che lo sappiamo noi stessi. Siamo alla loro mercè. Leggono nei nostri pensieri, anticipano i nostri desideri. Dai conducenti di carrozze fino a... fino a Giotto. Ci rivoltano come vestiti vecchi, e a me non piace. Eppure nel profondo del cuore sono... così superficiali! Non hanno idea di cosa significhi vita intellettuale” (p. 39).

Davvero: “Spesso l'ignoranza degli italiani è più notevole che non la loro sapienza” (p. 75). “Non è facile ignorare un italiano, soprattutto quando ha qualcosa di cui lagnarsi” (p. 58); in compenso, come tutti gli animali, abbiamo un talento: “Gli italiani nascono con il senso dell'orientamento. Sembra che la terra intera si stenda davanti a loro, non come una mappa, ma come una scacchiera, sulla quale osservano il continuo movimento delle pedine, oltre ai riquadri” (p. 75)

E questo è quanto. Personalmente sono abbastanza risentito e comincio a sognare una rappresaglia: un grand tour al contrario, magari in quegli squallidi sobborghi industriali come Manchester e Liverpool, per raccontare la miseria, l'alcolismo e la grettezza degli inglesi (e del loro clima): la terrificante decadenza della loro cultura, e delle loro istituzioni; le esecrabili condizioni di vita della loro piccola borghesia. Sarebbe il grande libro italiano del tempo nuovo. Andare a restituire secoli di cortesie, con puntualità (e ammirazione per tre chiese e quattro musei, s'intende), è una missione di cui in molti dovremmo incaricarci, e per diversi secoli. Prima o poi, caro inglese, ti restituiremo tutto. Con lo stesso equilibrio. Fino al Vallo di Adriano. Come si conviene.

Questi frammenti di Forster sono oltraggi velenosi attutiti dall'ammirazione per la natura selvaggia e la bellezza delle città – ma naturalmente Forster si precipita a dire che, post dopoguerra, Firenze è irriconoscibile. Sa, mister Forster, i bombardamenti... certi bombardamenti si potevano tranquillamente evitare. Abbiamo dovuto ricostruire intere città, qui in Italia. Cfr. Piovene, “Viaggio in Italia”, per quanti fossero interessati a questa oscura tematica.

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Lucy, giovane borghese vittoriana, viaggia poggiando sulla “Guida all'Italia settentrionale” della Baedeker: presto si accorgerà della superficialità di quella guida, incapace di toccare il cuore delle città e del popolo. Ma del popolo non vorrà capire niente lo stesso. Lucy fugge dai suoi schemi suonando il pianoforte. Ama suonare per “la Vittoria”: piega la musica al trionfo, mai alla disperazione. È patriottica, si vede.

Cerca di orientarsi pensando alle sue buone letture – Ruskin – osservando gli affreschi nelle chiese; riesce a riconoscerli soltanto grazie alla guida di George. George Emerson, giovane esteta anticonformista, è in Toscana con suo padre. Vengono considerati socialisti per la loro franchezza, guardati con sospetto per la loro immediatezza e la loro autenticità; umanissimi e generosi, non hanno niente della cultura inglese dominante. Apparentemente.

Io e George – dice il padre – sappiamo di venire dal vento, e di doverci tornare. Sappiamo che la vita tutta è forse un nodo, un groviglio, una macchia sull'uniformità dell'eterno. Ma perché mai questo dovrebbe renderci infelici? Amiamoci, piuttosto, lavoriamo e rallegriamoci. Io non credo nel dolore del mondo” (p. 31)

George imparerà a credere nel destino (p. 142), deviando dal materialismo paterno; si innamorerà di Lucy; riuscirà a impedire – nella seconda parte – il suo matrimonio con Cecil. Sparita l'Italia, sparisce ogni larvale interesse nei confronti della stucchevole narrativa di Forster. Bolso romanzo per bolsi lettori.

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Terzo libro pubblicato da Edward Morgan Forster (1908), primo a essere concepito dopo il ritorno in patria, dopo l'esperienza italiana (1903), “Camera con vista” deve, nel 2009, popolarità più al film di James Ivory (1986) che alle sue qualità. Mediocri – e che il cinema possa migliorarle è ragione di gioia.

Una lettura noiosa e stucchevole, da antologizzare soltanto per rimarcare la considerazione degli italiani tra i nostri amici imperialisti isolani. Siamo animaletti che camminano sulle rovine della bellezza. Accattonando, e questuando a tutto spiano. Ci pestiamo come niente fosse, e serviamo con gioia. Sì. Proprio così. Siamo i vostri camerieri. It's a shame.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Edward Morgan Forster (Londra, 1879 – Coventry, 1970), giornalista, saggista e scrittore inglese. Studiò a Cambridge (Lettere Antiche e Storia).

Edward Morgan Forster, “Camera con vista”, Mondadori, Milano 1986. Traduzione di Marisa Caramella. In appendice, “Vista senza camera”, a cura dell'autore.

Prima edizione:A Room with a View”, 1908.

Prima edizione IT: “La finestra sull'Arno”, SAIE, Torino 1954; quindi, “Camera con vista”, Rizzoli, Milano 1958.

Adattamento cinematografico: “Camera con vista”, di James Ivory, 1986.

Gianfranco Franchi, febbraio 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.