Bassani, Giorgio. Un ebreo italiano

Bassani, Giorgio. Un ebreo italiano. Book Cover Bassani, Giorgio. Un ebreo italiano.
Marilena Renda
Gaffi
2010
9788861650718

Giorgio Bassani non è stato soltanto lo scout del “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, e uno dei più grandi direttori editoriali del secondo Novecento; è stato, assieme a Italo Svevo, Umberto Saba e Primo Levi, pioniere e protagonista nella storia dell'ebraismo letterario italiano, padre d'una dimensione identitaria sino a quel momento estranea alla nostra Letteratura. A raccontare senso, spirito e significati della sua narrativa, concentrata idealmente nel “Romanzo di Ferrara”, sintesi di quarant'anni di creazioni artistiche, è la giovane letterata siciliana Marilena Renda, classe 1976.

“Bassani, Giorgio” (Gaffi, 182 pp, euro 10), pubblicato a dieci anni di distanza dalla morte dell'artista, è un saggio complesso, fascinoso e sottile: non è soltanto un invito alla lettura o alla riscoperta dello stile e della profondità dell'autore del “Giardino dei Finzi-Contini": è una lezione di storia italiana preziosa e degna di meditazione. La Renda riconosce, nell'opera di GB, l'ebreo come “portatore di un destino oscuro e singolare: qualcosa che assomiglia, per dirla con Derrida, al peso di una colpa originaria, una lesione, un errore, un torto commesso o un torto di cui si è a priori accusati e di cui ci si deve far carico”: i protagonisti dei suoi scritti sono individui figli d'una città borghese e ricca, di grande tradizione estense, e sono – sino a un preciso momento storico – integrati nel tessuto sociale e politico della nazione. Quindi, tutto a un tratto, complici le leggi razziali, diventano inequivocabilmente e barbaramente emarginati. Questo trauma, sostiene l'autrice, li trascina in bilico tra il desiderio di essere ancora accettati nella vita di tutti gli uomini e un senso d'appartenenza conflittuale all'ebraismo.

Bassani, uno che aveva perduto il nome, la dignità e il diritto di vivere come un qualunque altro cittadino, scriverà, per tutta la vita, consapevole d'una responsabilità: quella di garantire la memoria, il ricordo. E siccome le parole esatte sono difficili da trovare, o forse sono proibite come il nome di Dio, la sua strategia di rappresentazione di tutto quel che riguarda l'ebraismo (l'identità, la persecuzione, lo sterminio, la salvezza di pochi) è stata “la litote, la sfumatura, l'elusione, il chiaroscuro, la reticenza”. E così è stato quando Bassani ha scritto d'una religione sentita come condanna all'ostracismo e all'esclusione: la ferita dell'emarginazione sofferta e la dolorosa riflessione sul destino del popolo ebraico sono rimasti i tratti principe della sua scrittura.

Segre ricordava che “Le leggi razziali del 1938 giunsero come un disastro improvviso, 'una bomba', sbalzando gli ebrei più affermati dalla fiducia nella patria italiana […] allo stato di apolidi”: e dire che tanti di loro, per dirla con Bassani “romantici, patrioti e politicamente ingenui”, avevano aderito al Fascismo già nei primi anni Venti. Tra di loro, per esempio, c'era un editore e un intellettuale oggi ingiustamente dimenticato come Angelo Fortunato Formiggini, modenese, suicida post emanazione delle leggi razziali. Per gli ebrei italiani, il 1938 fu uno spartiacque – sostiene lo storico Massimo Giuliani - nel senso che ridiede loro coscienza d'essere non solo italiani ma anche ebrei, “risvegliando in modo violento in loro un senso di appartenenza etnico-religioso-culturale che i moderni meccanismi di integrazione-assimilazione, peraltro ben riusciti, avevano di fatto assopito”: questo risveglio ingiusto e terribile ha scandito ogni scritto di Bassani. Uno che si sentiva ai margini perché era diventato diverso, e così faceva sentire i suoi personaggi, predestinati al dolore; uno che si sentiva ed era un superstite, un testimone indiretto capace di respingere sia la violenza degli aguzzini, sia la difficoltà di reagire da parte delle vittime; un ferrarese, borghese ed ebreo, che s'era sentito tradito dalla sua città, indifferente o impotente di fronte al suo dramma, e tuttavia aveva continuato ad amarla; uno che era dovuto diventare per forza di cose nemico del fascismo e, scegliendo la strada della lotta politica (Partito d'Azione) e della resistenza, aveva voluto vivere la sua dimensione di partigiano dimentico dell'ebraismo. Quasi l'ebraismo fosse sinonimo di debolezza, e di sconfitta, Bassani confidava d'aver militato da laico. Quando tutto finì, quel senso di debolezza, di paura, di sconfitta e di estraneità figliò poesia. E questo è quanto.

BREVI NOTE

Marilena Renda (Erice, Sicilia 1976) vive a Roma, dove insegna, studia e traduce. Ha scritto e pubblicato in rivista e in volume diversi saggi su Bassani, Primo Levi, Annamaria Ortese, Jolanda Insana e Amelia Rosselli. Collabora regolarmente alle riviste «Poesia» e «L'Indice dei libri del mese». Tiene corsi e laboratori di letteratura italiana contemporanea alla Facoltà di Lettere dell'Università di Palermo e il DAMS di Roma3.

Marilena Renda, “Bassani, Giorgio”, Gaffi, Roma 2010. ISBN 9788861650718

Gianfranco Franchi, aprile 2010.

Prima pubblicazione: FareFuturo Web Magazine, 20 aprile 2010. A ruota, Lankelot.