Avverbi

Avverbi Book Cover Avverbi
Daniel Handler
Alet Edizioni
2007
9788875200336

[...] Sembra confuso, forse, ma così è l’amore; e, come dice l’autore, cioè io, ‘Non sono i nomi. Il miracolo sono gli avverbi, il modo in cui si fanno le cose’. Questo romanzo parla di persone che cercano l’amore, prima che il vulcano erutti e il miracolo finisca. Sì, nel romanzo c’è un vulcano” – racconta l’autore.

Terminata la lettura ho camminato avanti e indietro per la stanza, fissando lo specchio. Sullo specchio, da diversi anni, c’era un foglio appiccicato con lo scotch. Ho letto quel che c’era scritto una volta ancora; sono rimasto a pensare, non so quanto. Poi, levando il vecchio scotch dallo specchio, il foglio s’è un po’ rovinato. Prima di farlo sparire volevo condividere con voi e – idealmente – con lo scrittore americano Daniel Handler, classe 1970, autore di questo “Avverbi”, una risposta alla sua visione dell’amore.

Forse tutte queste domande rivolte all’amore che lo misurano, lo indagano, lo esaminano, lo sottopongono a interrogatorio riescono anche a distruggerlo sul nascere. Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l’amore) dall’altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza”. Sono parole di Milan Kundera. La persona che trascrisse queste parole, sul retro aveva aggiunto: “Ho supplito io alla tua incapacità di scrivere. Ora devi solo imparare a leggere”. Forse il mio articolo può finire qui. Ma non sarebbe onesto nei confronti vostri, che ancora non avete letto l’opera. Allora do almeno qualche coordinata essenziale...

Probabilmente il nome Daniel Handler non vi richiama nulla in memoria; in compenso, avrete già sentito parlare di Lemony Snicket. È il suo pseudonimo: con quello pseudonimo da queste parti possiamo leggere, in traduzione, la saga per ragazzi “Una serie di sfortunati eventi”, recentemente tradotta in un film. Ammetto di non aver mai letto una riga di Lemony Snicket, quindi non posso comparare la produzione del suo eteronimo con questa. Di questa posso dirvi qualcosa. In prima battuta, “Avverbi” non è un romanzo. Del romanzo postmoderno mantiene due tratti vitali: la scarsa linearità, le torrenziali divagazioni, la contaminazione (episodica, eccettuato il penultimo racconto, “A stento”) con la musica pop e rock; richiami non inaccessibili (dai Bee Gees a Bob Dylan, da Bryan Adams ai New Order), regolarmente diegetici, talvolta inventati ma a rafforzare la narrazione, magari per calembour o per tonificare uno sviluppo della trama. È una raccolta di racconti dalla struttura circolare – come già evidenzia l’autore nel risvolto, rivelando in sintesi quel che accadrà nel primo e nell’ultimo racconto, accennando a un taxi – concentrata tendenzialmente sull’amore; su un amore volta per volta concluso, folle, romantico, fallimentare, interrotto. Il ritorno di qualche personaggio tra una e un’altra prosa aiuta a evitare l’impressione di una sconnessione eccessivamente grave, o irreparabile: complessa sembra essere stata anche la traduzione (rinvio in merito alla nota della traduttrice Anna Mioni, in appendice) per via di diverse scelte lessicali e stilistiche, e della difficoltà – ad esempio – di ricostruire la fonte d’una citazione e di separarla da un’invenzione pura.

Quando non divaga, Handler – e qui si registrano i momenti migliori – si rivela un interessante narratore dialogico. È molto attento a cercare significati e direzioni nuove, molto sensibile nell’impresa d’azzerare le distanze tra l’amore omosessuale ed eterosessuale; estraneo a descrizioni che non siano al limite erotiche, piuttosto sfoga nei dialoghi certe tensioni sensuali. Altrimenti sfuma, non so quanto censurandosi o quanto rivendicando una precisa scelta estetica; concentrando l’attenzione sulle atmosfere e sullo stato d’animo dei personaggi, sembra volerli accompagnare fino in camera da letto – per così dire – salvo evitare riprese dall’alto o sbirciate dalla serratura. Emblematica, in questo senso, l’interruzione d’un promettente incontro nel bosco, per via d’uno stravagante sconosciuto che chiede soccorso per un amico.

Ci sono momenti grotteschi, altri buffi: la commedia non di rado mette un piede nella farsa. Come nella vicenda della scrittrice inglese, affamata di denaro, che per rappresaglia nei confronti d’una ex del suo compagno fa scrivere un tema – come dire – “autoreferenziale” e vincolato alle loro storie ai suoi allievi. C’è chi giocando a golf decapita una gazza (rinvio ancora alle puntuali osservazioni della Mioni in appendice sul ruolo simbolico di questo uccello), chi s’innamora d’una persona incrociata mentre usciva dalla doccia. E basta. C’è tanta malinconia per qualcosa di perduto, e molta facilità nel rappresentare la ricerca di qualcosa di vero, e di nuovo. Le ombre del passato sono costanti. Così come le definizioni dell’amore, letto ad esempio come concentrazione sui simboli o come tiramolla: periodicamente appaiono a scolpire un racconto, prepotenti voci fuoricampo autoriali. Sognando questo vulcano – questa misteriosa origine nuova, che tutti sognano o temano esista; magari non solo quando è paura letterale (ché sotto San Francisco dorme…) e cercando magari di mantenere gli antichi esempi, per vedere se funziona: come quando una giovane maschera d’un cinema ritrova un mazzo di chiavi, cavalleresco come Sir Gawain, e in ricompensa ottiene un gioiello da donare all’amata (che chissà, ricambierà?). Forse il concetto principe è non aver paura del vulcano che dorme: amare, sempre, non appena se ne ha la fortuna. A qualsiasi costo. Perché quando davvero succede è tutta un’altra musica, le parole forse non servono più.

Consigliato agli appassionati di letteratura americana e a quanti stanno cercando un libro da leggere nei viaggi in treno o in metro. La mia impressione è che impiegherete parecchio tempo a leggerlo. Perché “Avverbi” funziona così: ti pizzica una corda del ricordo, una d’una canzone, una d’un impegno che non hai mantenuto, una d’una persona che dovrai incontrare, una d’un libro che hai letto tempo fa; e per scene d’umana (tragi)commedia va a versarti magma sulle mani. Infine, scrivi.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Daniel Handler (San Francisco, 1970), scrittore, sceneggiatore e musicista americano. Con lo pseudonimo Lemony Snicket ha firmato la saga per ragazzi “Una serie di sfortunati eventi” (edito, in Italia, da Salani).

Daniel Handler, “Avverbi”, Alet, Padova 2007. Traduzione di Anna Mioni – in merito alle difficoltà di traduzione, cfr. nota di Mioni in appendice.

Prima edizione: “Adverbs”, HarperCollins, 2006.

Gianfranco Franchi, giugno 2007.

Prima pubblicazione: Lankelot.