Aurora boreale

Aurora boreale Book Cover Aurora boreale
Drago Jančar
Bompiani
2008
9788845260063

Totentanz di Marburg-Maribor. “E in questa città, tra non molto, il passo di parata volgerà in vorticosa e folle danza di sangue; tutti coloro che oggi marciano al suono di canti e bande diverse, tra non molto si salteranno alla gola. Tedeschi e sloveni, comunisti, nazionalsocialisti, clericali, nazionalisti, jugoslovenarji, serbi, bulgari, cosacchi, operai e contadini, sportivi e camerieri, compagni di scuola e colleghi, fratelli e sorelle, madri e figlie, padri e figli, l'uno con l'altro e tutti con tutti, si sgozzeranno biascicando con voce strozzata le parole delle loro marce, le labbra spaccate, gli occhi cavati, i crani sfondati, i ventri lacerati, e le loro gole squarciate esaleranno in un rantolo i giovani, luminosi, eroici canti delle mattinate domenicali del 1938” (Jančar, “Aurora boreale”, p. 126).

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Drago Jančar, artista sloveno classe 1948, è – nelle parole di Magris - “uno scrittore che riprende e rinnova, con assoluta originalità, la grande tradizione del romanzo mitteleuropeo […]. Si è sempre battuto per la libertà e ha scontato pure un anno di carcere quale dissidente nella Jugoslavia titoista […]. Si è sempre battuto contro i nazionalismi che hanno fatto dell'Europa centrale un teatro del delirio e del massacro; contro tutti i nazionalismi di quelle amate e insanguinate terre di frontiera, compreso quello sloveno” (p. VI).

“Aurora boreale” [“Severni sij”, 1984] è, secondo l'augusto critico letterario giuliano, “la discesa in un abisso, in cui un'umanità sofferente e sbandata affonda, si corrompe e si distrugge […]. Magistrale soprattutto per la sua capacità di fondere indissolubilmente e concretamente, senza alcun intento ideologico, irripetibili vicende individuali e il destino epocale di un mondo intero, […] è un libro realistico e visionario, con un forte senso della Storia e della società e di ciò che le trascende; un libro barocco e metafisico, capace di far sentire la pietà nella derisione” (pp. VII-VIII).

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1938, capodanno. Josef Erdman vaga per le vie di Maribor-Marburg (Magris: “luogo di fecondo incontro e feroce scontro fra il mondo slavo e quello tedesco”, a metà strada tra Trieste e Vienna), attanagliato dall'angoscia per il silenzio e per il deserto: “Solo mucchi di neve sporca lungo la via deserta, facciate fatiscenti di vecchie case, luce tremolante dei lampioni stradali. Questa sarebbe, dunque, la città chiara e ariosa che i miei vecchi genitori vorrebbero rivedere? Questo buio, queste luci fioche, questi mucchi di neve, questi mattoni che affiorano da sotto l'intonaco scrostato? La memoria è un alleato davvero cortese per i vecchi: dipinge loo tutto di rosa” (p. 7), osserva.

Josef Erdman sta aspettando il suo amico e collega Jaroslav. Ha scelto di dargli appuntamento a Maribor/Marburg per via d'un vago ricordo d'infanzia; ne è derivata la ricerca simbolica d'una mistica “sfera blu” che giura d'aver visto in una chiesetta. Intanto attende invano, e si ritrova a fraternizzare con altri viandanti slavi; man mano s'accorge che è stato come risucchiato da quella cittadina, ed è come se fosse vissuto da sempre lì, “in questa città che mi aspettava lungo il cammino e in cui mi sono insediato come un embrione nel ventre materno” (p. 45). Siamo a un passo dal disastro della Seconda Guerra Mondiale: il narratore riesce a sintetizzare il dramma delle leggi razziali, dei conflitti etnici, dei conflitti identitari in una città multanime come Maribor in un romanzo dal respiro massimalista, magnifica prova di umanità e di pietà. Lo smarrimento del protagonista di “Aurora boreale”, e la tragica predestinazione del popolo alla rovina, ben sintetizzata da un cielo sporco di rosso – quello eponimo – è narrato attraverso il suo progressivo smarrimento di identità e di coscienza, tra polverose osterie, grottesche disamine sull'ondivaga toponomastica delle terre di frontiera e satire del delirio razziale che macchiò l'onore e l'intelligenza dell'Europa. A intervallare il precipizio del viandante Josef, un amore pieno di poesia e di tormento.

Altro che Pahor: questa è la narrativa slovena degna di giocare un ruolo da protagonista in Europa.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Drago Jančar (Marburg-Maribor, Slovenia, 1948), sceneggiatore, giornalista e scrittore sloveno, nemico del regime comunista titino.

Drago Jančar, “Aurora boreale”, Bompiani, Milano 2008. Traduzione di Darja Betocchi e Enrico Lenaz. Prefazione di Claudio Magris.

Prima edizione: “Severni sij”, 1984.

Gianfranco Franchi, aprile 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.