Attilio Bertolucci dormiva a Monteverde

Opere Book Cover Opere
Attilio Bertolucci
Mondadori
1997
9788804422600

Nel 2005 mi hanno commissionato una ricerca sulle relazioni tra il poeta Attilio Bertolucci e il quartiere romano di Monteverde, dove aveva vissuto. Credevo, prima di esaminare l’opera omnia dell’artista, di poter raccontare una storia ben diversa… è stato spiazzante scoprire la verità (la verità testuale, si capisce). Ve lo ripropongo, nella speranza che l’articolo in ogni caso serva – in futuro – come pezza d’appoggio per le schede dedicate ai suoi libri di poesia. Questo studio dovrebbe essere apparso in volume qualche anno fa: nell’attesa che l’amica committente recapiti l’attesa copia, ometto puntualmente i riferimenti bibliografici.

BERTOLUCCI DORMIVA A MONTEVERDE

“…non volevo diventare il più grande poeta di Parma. Poi ero sicuro che a Roma mi sarei perso. Essa ha questo vantaggio: è una città dove non esistono autorità. Contrariamente a Milano, dove c’è l’industria che conta, o le banche, a Roma cos’è che conta? Niente. E non si conta niente. Questo trovavo che mi lasciava assai libero”.

Soltanto episodici frammenti della segreta grazia del balcone di Roma nell’opera del poeta nato a San Prospero, a una manciata di passi da Parma: artista uncinato alle sue radici, l’intimista Bertolucci così cantava l’eterna, nella piccola ode dedicata a Pasolini: “Ti ho veduta una mattina di novembre, città / svegliarti, apprestarti un altro giorno a vivere, alacri fumi luccicando ai pigri margini orientali / percossi dalla luce tenera come un fiore, argenti di nuvole più sopra infitti nell’azzurro / offuscandosi per brevissimi istanti, suscitatori di tremiti, / e risfolgorando a lungo, poi che il bel tempo è tornato / e durerà, se è neve quel viola lontano / oltre i colli che ridono di borghi noncuranti / le mortificazioni dell’ombra, poi che il sole ha vinto, o vincerà”.

Roma è “(…) la città / che non ci lascia ricordare neve e sole sulla neve e brina”, la “dolce meretrice” che “ci avrà vinti per sempre” (“Roma”): sono versi figli d’un amore d’amante, e non d’uno sposo fedele; memorie d’un ospite, che aveva lasciato l’anima altrove.

La famiglia Bertolucci ha vissuto in viale di villa Pamphili per un anno, dal 1951 al 1952; quindi, s’è trasferita in via Carini: luoghi o locali monteverdini appaiono nei versi rivolti a uno sfortunato attore d’un film di Bernardo (“Clementi in carcere”), e sono sfondo di diverse passeggiate – ovviamente, scendendo dal Gianicolo. Il poeta non intendeva – scrisse al fraterno amico Sereni nel 1951 – lasciarsi troppo “romanizzare”: non tradì questa originaria dichiarazione d’intenti.

Piace pensare, tuttavia, che questa sua passione da amante sia stata madre di ispirazione e di segreti conforti: è destino, in fondo, che i sentimenti clandestini vivano d’altri, e privati splendori – nascosti tra i versi, mimetizzati dalla maschera dei nomi. Joyce, del resto, scrisse di Dublino vivendo Trieste – c’è chi giura che quella Dublino non sarebbe altrimenti esistita mai.

Monteverde che visse e conobbe l’artista era un quartiere in costruzione, fonte d’un apprezzato vinello bianco, selvatica distesa di campi (Pasolini avrebbe forse chiarito: da calcio), periferia metamorfica e scintillante di vita nuova.

Eppure: “Qui un anno è come un altro, / una stagione uguale all’alta, una persona all’altra uguale, / l’amore una ricchezza che offende, un privilegio indifendibile” (“Piccola ode a Roma”) – Parma non si poteva, nei versi, tradire. Roma concubina ha avuto in dono un ghigno e qualche carezza – un soffio d’arte, senza riconoscenza e grazia.

BREVI NOTE

Attilio Bertolucci (Parma, 1911 – Roma, 2000), poeta italiano.

Attilio Bertolucci, “Opere”, Mondadori, Milano 1997. A cura di Paolo Lagazzi. Collana I Meridiani.

Per approfondire: Wiki

Gianfranco Franchi, febbraio 2005.

Prima pubblicazione in rete: Lankelot, agosto 2008.