A destra per caso

A destra per caso Book Cover A destra per caso
Carlo Gambescia, Nicola Vacca
Il Foglio Letterario
2010
9788876062230

"A destra per caso" è un pamphlet nato sulla scia di una convinzione di Sciascia; ossia che ogni scrittore è politico, e che il giusto sentiero della scrittura politica è offrire la propria responsabilità a tutti. E così Carlo Gambescia e Nicola Vacca raccontano la loro esperienza di intellettuali e giornalisti culturali passati, accidentalmente, a scrivere per l'area politica destrorsa, nel periodo delle sue maggiori trasformazioni ideali, essenziali ed estetiche; l'esperienza di Gambescia e Vacca ha finito poi per soffrire un eccessivo disorientamento e uno straniamento senza precedenti. In questo curioso libro raccontano e spiegano tutto, prendendo posizione con apprezzabile (tendenzialmente) chiarezza, nominando e criticando tutta una serie di persone, nel bene e nel male. Idolo comune ai due è il fu Giano Accame ("vero intellettuale", "prodigiosa memoria", "dialogico e socratico", "grande giornalista", "scrittore notevole", "ricco di candore e di umiltà", "un vero irregolare"), grandi elogi anche per Enzo Cipriano ("grande tradizionalista", "Settimo Sigillo punto di riferimento", "fa cultura senza compromessi"); nemici comuni sembrano essere Marcello Veneziani ("narcisismo professionale", "il Veneziani non conforme è durato poco", "solipsista", "non è un portatore sano di idee") e Buttafuoco ("collaborazionista del nulla", "si è perso nel nulla", "è sempre stato il nulla", "fautore di una destra campata in aria"). Il tono del libro – si intuirà – è questo: molto diretto, spesso scomposto, sempre aggressivo. Peccato manchino le risposte della controparte: sarebbe stato bello, sarebbe stato saggio, sarebbe stato giusto dare voce agli oppositori, magari spedendo loro domande scritte e pubblicando, eventualmente, "no comment" al posto delle risposte mancanti. Così com'è, "A destra per caso" corre il rischio di essere percepito come un ibrido tra un romantico amarcord e un sinistro regolamento di conti; un regolamento di conti che sembra una sassaiola. Una sassaiola fitta, diretta alle finestre di casa di parecchie persone, dopo essersi sincerati che non c'era nessuno in casa. Sarebbe stato meglio bussare, parlare, chiarire e poi al limite litigare. Non è accaduto.

Ingenerose le critiche a Croppi, ex direttore editoriale di Vallecchi, presentato semplicemente come "grafico". Mi sembra un giudizio molto ingiusto, e davvero eccessivamente superficiale. Ma non sono le uniche critiche che ho trovato fastidiose o rancorose. Mi trovo a scrivere di questo libro nella posizione di chi collabora con un quotidiano storico come "Il Secolo d'Italia", da qualche mese, e di chi ha ottimi rapporti col direttore editoriale, Luciano Lanna: per la mia esperienza, quanto Gambescia e Vacca scrivono di Lanna e del "Secolo" del 2010 non è sensato, non è vero e non è corretto. Da abbonato al quotidiano, ho letto articoli di grande respiro e intelligenza, firmati da Cardini, Lanna, Alfatti Appetiti, dal giovane Scianca: solo per fare qualche nome. Vero è che ho incontrato, episodicamente, articoli d'argomento e di taglio nazionalpopolare: ma non solo si tratta di interventi minoritari, si tratta – a quanto ho letto in questi ultimi 4 mesi – di interventi ironici o autoironici, nella maggioranza assoluta dei casi. Quando mancasse l'ironia, ci sarebbe sicuramente da obiettare. Ma credo che un quotidiano non debba arroccarsi nella torre d'avorio del radicalismo, dello sperimentalismo e dell'atipicità: la cultura, spiace molto anche a me ma è così, è anche popolare. È addirittura popolare. Tutto sta nel saperne scrivere col giusto equilibrio. Senza confondere ciò che è popolare con ciò che è populista, ad esempio.

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A me sembra che l'intelligente apertura del "Secolo" a tutti i cittadini italiani, e non soltanto agli ex elettori e militanti di AN, possa essere prodromica alla fondazione di qualcosa di nuovo. A me piace sognare – da lettore, attenzione! – che in questo qualcosa di nuovo non ci sarà spazio per berluscones e per equivoci forzisti, per nostalgismi e per veltronate, per casacche cambiate in fretta e poi riposte nello sgabuzzino. Lo dico da lettore, e lo dico da collaboratore. Carlo e Nicola non sono d'accordo: "Il Secolo d'Italia", viene considerato decaduto, Vacca rimpiange "una comunità di amici di penna che lavorava all'unisono", con qualche eccezione (nomina con nome e cognome "autentici venditori di fumo": non li conosco e non posso sottoscrivere né smentire). Non partecipo alle riunioni redazionali del "Secolo" di oggi, ma immagino che esistano ancora, e che siano fertili e creative.

Vacca deplora quella che ritiene una "svolta pop o yéyé" del quotidiano, nata, a suo avviso, per rincorrere quello che chiama "veltronismo culturale" (p. 85), rivendicando "paginate intere di grandissimo spessore culturale" (p. 23), tollerate con insofferenza da Fini perché "non organiche alla linea di An". Adesso, invece, stando a quanto dice Nicola, i "finiani di complemento" (p. 41) dettano linee nuove: secondo Vacca e Gambescia, "addio dibattito e approfondimento, avanti argomenti glamour e recensioni in pillole" (p. 42). Queste recensioni in pillole – dico davvero – vorrei leggerle anch'io: sin qua, ne ho trovate dalle 5mila alle 13mila battute, dal martedì al sabato. E mi sono domandato in quale altro quotidiano potessi leggere saggi brevi come questi, non semplici recensioni. In rete succede, sul cartaceo molto di rado. Quanto al glamour, siccome vengo anche da un'esperienza giornalistica (5-6 anni fa) in cui quella parola dovevo scriverla davvero, per trentamila lettori al mese, mi arrogo il diritto di saperlo riconoscere. Mi spiace, Nico': il "Secolo" non è "glam", e non è nemmeno "glitter", e non è nemmeno "vintage". È un quotidiano atipico. Un laboratorio di idee, memorie, sogni. Parlo da lettore abbonato.

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Vacca definisce il "Secolo" espressione di una "destra anemica": possibile, considerato che si tratta dell'unico quotidiano di destra capace di mostrare posizioni mai subalterne e spesso alternative e autonome rispetto al sultanato? Direi proprio di no. Ma poi aggiunge: "destra libertaria è solo un ossimoro che terrorizza. Mi sembra una trovata da pop-art – dice Vacca – per mascherare attraverso l'immaginario un nulla che tragicamente avanza" (p. 57). Io la vedo diversamente: la destra libertaria è un patrimonio culturale unico per una nazione che voglia vedere (non mantenere: non c'è...) vivo e credibile il dibattito tra le forze dell'ex egemonia culturale marxista, quelle cattoliche, quelle liberali, quelle riformiste e quelle conservatrici: si deve partire da un patrimonio culturale esistente, e ancora inesplorato, per ristabilire le condizioni di un costruttivo dialogo (fatto di scontri, anche aspri) tra le parti.

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Vacca veniva e viene da "una certa idea di sinistra": quella di Carlo Rosselli, quella di Turati: il socialismo liberale e il riformismo. Partito di riferimento, PSI. Vacca collaborava con "L'Avanti"; passò quindi al "Giornale d'Italia" e infine, grazie all'amicizia con Gennaro Malgieri, al "Secolo d'Italia". Negli ultimi anni, ha collaborato e collabora con "Linea".

Gambescia invece viene dalla cultura cattolica sociale, orientata verso un "liberalismo realista". Gambescia è passato a destra collaborando con la "Nuova Destra" di Marco Tarchi, all'epoca trentenne, animatore della rivista "Diorama". Il loro intellettuale di riferimento in comune, all'epoca, fu Sorokin. La battaglia culturale era antimissina, "di piena e consapevole accettazione delle regole e dei contenuti della democrazia", e antifascista ante litteram (p. 30). Gambescia quindi passò a collaborare con "Area" di Alemanno e con le edizioni Settimo Sigillo (per nove anni): Tarchi non gradì. Attualmente, collabora con "Linea".

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Gambescia e Vacca sono estremamente critici nei confronti dell'area finiana: caratterizzata, nell'ordine, da essere "sinistra al caviale e non alla Bombacci" (perdonatemi ma preferisco il caviale), da un riformismo considerato velleitario, da "capriole che non cambiano le cose", da "velocità supersonica del cambio di cavallo": e credono che non sia più destra, perché "una vera destra non si definisce antifascista, ma reputa morto il fascismo insieme all'antifascismo" (p. 55). Ecco che Fini è diventato "il paladino della sinistra radical chic" (p. 76), e via dicendo. Il professor Campi (FareFuturo) è definito "pretoriano che interpreta gli strappi di Fini" (p. 19). Farefuturo, "il giocattolo di Fini, principe di questo laboratorio di teste pensanti" (p. 44), "pseudodestra al servizio dei plutocrati" (p. 48). I plutocrati avrebbero bisogno di nome e cognome, ma transeamus. Padre spirituale di questa nuova destra, invece, dovrebbe essere, secondo Vacca e Gambescia, Prezzolini: il libro indicato come inequivocabile punto di partenza è "Intervista sulla Destra".

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Insomma: la morale della favola sembra essere che chi veniva dalla DC o dal PSI, sente, nel 2010, di dover andare a dire a chi veniva dal MSI che cosa è e non è di destra; cosa era missino, e cosa aennino, e cosa dovrebbe essere finiano. Io lo trovo un magnifico esercizio di creatività e di amicizia, da questo punto di vista: è come se io collaborassi per dieci anni o per due anni col "Manifesto", con "La Padania", o con "Avvenire", e tutto a un tratto, dopo essermene andato, sentissi di voler dire agli ex colleghi cosa è comunista, cosa leghista, cosa cattolico o popolare. Tutto ciò prova – se mai ce ne fosse bisogno – che nella destra libertaria [non in quella berlusconide: per carità!] c'è stato e c'è spazio per le visioni e le collaborazioni di tutti; e che c'è una gran fame di idee e di ideali nuovi; e che c'è apertura e disponibilità al dialogo e al confronto, sempre.

È chiaro a tutti che dal 1989 è crollato un mondo fondato su terribili contrapposizioni ideologiche e ideali; quello che stiamo vivendo, in questo grigio e depressivo periodo berlusconiano post Mani Pulite (periodo direi non più pentapartitico: esapartitico considerando la presenza dell'ex MSI, stando ai componenti dell'attuale caotico PDL), è un periodo di transizione verso un mondo nuovo.

Io questo mondo nuovo lo sogno libertario, democratico ed europeista. Lo sogno dialettico, nemico della corruzione e delle partitocrazie. Lo sogno franco, aperto: neo-destro e neo-sinistro, spirituale e non più uncinato al Novecento o all'Ottocento [...], capace finalmente di tornare a guardare sino agli albori della civiltà per formare e costituire un paradigma nuovo. E il paradigma nuovo si forma soltanto guardando avanti.

Che Nicola e Carlo abbiano sentito il bisogno di dire che nel mondo colorato, eretico, irregolare e imprevedibile dell'ex destra missina siano successe un sacco di cose e ci siano stati confronti, scontri, rotture, trasformazioni mi fa molto piacere; molto meno piacere mi fa leggere attacchi diretti al giornale con cui collaboro e a persone che conosco e alle quali voglio bene per ciò che sono e per la lealtà e l'onestà che hanno sin qua dimostrato nei miei riguardi, sin qui.

Avrei dovuto leggere questo libro da loro coetaneo, per poter capire molte altre dinamiche che nominano e descrivono sinteticamente; purtroppo, i quindici o venti anni di esperienze e di conoscenze che ci separano, mi mettono nella condizione di scuotere spesso la testa di fronte a certi nomi o certe direzioni, perché non le ricordo o non le conosco o non mi riguardano affatto.

Non era meglio scrivere un bel libro sulla "destra nuova" immaginata da Nicola e Carlo, piuttosto che giocare al tiro al bersaglio (a un passo da 'ndo cojo cojo) con colleghi, amici o ex amici? Io dico di sì.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Carlo Gambescia (Roma, 19**), sociologo e scrittore IT.

Nicola Vacca (Gioia del Colle, Bari 1963), poeta, giornalista e critico letterario italiano. Ha esordito pubblicando “Nel bene e nel male” (Schena, 1994). 

Carlo Gambescia, Nicola Vacca “A destra per caso”, Il Foglio, Piombino 2010.

Gianfranco Franchi, maggio 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.