2012 – libri dell’anno, libri mancati, recuperi dell’anno…

Un franco 2012.

Libri dell’anno:

Umberto Roberto, “Roma Capta. Il Sacco della città dai Galli ai Lanzichenecchi”, Laterza. Un grande libro di storia, scritto per raccontare che l’eternità di Roma è terminata da un pezzo. È finito tutto nella metà del V secolo dopo Cristo: nel sangue e nella miseria. Roberto ha pizzicato uno dei veri rimossi della nostra cultura: l’ammissione della lontana morte di Roma, spogliata di tutto, tradita e abbandonata.

Emanuele Trevi, “Qualcosa di scritto”, Ponte alle Grazie. Uno strano e seducente anfibio, metà tributo a Pasolini, metà memoir, metà romanzo iniziatico, metà grande saggio su “Petrolio”. Un libro veramente potente.

Tommaso Giagni, “L’estraneo”, Einaudi. Un esordio tosto e promettente: un libro intriso di Zeitgeist; una leale rappresentazione del degrado e del collasso della civiltà romana moderna, a uno sbuffo dagli anni Zero.

Jean Echenoz, “Lampi”, Adelphi. Grande opera d’arte. Biografia lirica e ispirata del misconosciuto e talentuoso Nikola Tesla, spirito slavo e nobile, generoso e mezzo matto. Un vero libro Adelphi.

Jáchym Topol, “L‘officina del diavolo”, Zandonai. Grottesco, cinico, originale: romanzo del borgo di Terezín, del martirio della civiltà e della verità per mano dei totalitarismi, della speculazione sui genocidi.

Colette, “Prigioni e paradisi”, Del Vecchio. Insperata, riuscita prima edizione italiana di questo libro di frammenti e prose brevi della scrittrice francese. Una lezione di stile, di letterarietà e di sensualità.

Vasile Ernu, “Gli ultimi eretici dell’impero”, Hacca. Fascinosa integrazione dell’opera prima dello scrittore e filosofo rumeno, “Nato in Urss”, è una meditazione sul socialismo sovietico, sui gulag, sulla libertà d’espressione, sul futuro della civiltà. Molto coraggioso.

Massimiliano Di Pasquale, “Ucraina terra di frontiera”, Il Sirente. È il libro di una vita: un intelligente e consapevole atto d’amore di un letterato italiano appassionato di cultura ucraina – vero ponte pop tra l’Italia e l’Ucraina. Forse l’unico.

Diego Zandel, “Essere Bob Lang”, Hacca. Spiazzante romanzo metaletterario dello scrittore fiumano-romano Diego Zandel, filelleno, lettore forte, erede di Fulvio Tomizza. Divertissement molto snob.

Watt Magazine, numero zero.cinque. Perché è forse la massima espressione dell’arte di Maurizio Ceccato: prima di essere libro-rivista, raccolta di racconti illustrata o raccolta di illustrazioni raccontate, Watt è un Ceccato. E Ceccato è il massimo.

Libro più sbagliato dell’anno: Tommaso Pincio, “Pulp Roma”, Il Saggiatore. Il primo libro completamente sbagliato di Tommaso Pincio: improbabile, marginale, tecnicamente impubblicabile. Un errore inatteso. È proprio brutto.

Capolavoro mancato: Emanuel Carrère, “Limonov”, Adelphi. Biografia romanzata di uno scrittore che aveva già romanzato la sua vita in tutti i suoi (molti) libri, sin dagli esordi, poteva essere una grande satira di Limonov, e dei Limonov, e una potente lezione di storia russa contemporanea, con incursioni nelle orgogliose ferite dei Balcani, à la Babsi Jones: invece Carrère si è preso molto sul serio, forte forse della consapevolezza che Limonov, in Europa, è veramente sconosciuto. E così ha sbagliato libro. Questo è un buon libro, ma è per i tanti neofiti di Limonov. Per tutti gli altri, è un discreto bignami, con qualche improbabile deriva ombelicale carrèra.

Letture ingiustamente mancate: 1. Filippo Tuena, “Stranieri alla terra” [Nutrimenti, 2012]. La ragione è che punto all’opera omnia, entro due anni. 2. John Cheever, “Racconti” [Feltrinelli, 2012]. Stesso discorso, ma vorrei comunque leggerlo prima in lingua originale. 3. John Edward Williams, “Stoner” [Fazi, 2012]. Immagino possa piacermi molto, ma non è il periodo giusto. Magari tra qualche anno.

Sito letterario dell’anno: Flanerì. http://www.flaneri.com/ – sempre intelligente, particolarmente ordinato, piacevolmente frontale, piuttosto equilibrato: praticamente uno dei pochi siti letterari italiani credibili, in assoluto. Onestamente, una delle pochissime nuove proposte degne di nota, in quest’ultimo triennio caotico, fiacco e molto cialtrone. Tifo Flanerì.

Altre cose franche. Recuperi [italiani] dell’anno. 1. Fulvio Tomizza, “Il sogno dalmata”, Mondadori, 2001. 2. Babsi Jones, “Sappiano le mie parole di sangue”, Rizzoli, 2007. 3. Fulvio Tomizza, “Materada”, Mondadori, 1960. 4. Tommaso Pincio, “Hotel a zero stelle”, Laterza, 2011. 5. Ornela Vorpsi, “Il paese dove non si muore mai”, Einaudi, 2005.

Recuperi [stranieri] dell’anno. 1. Patrick Leigh Fermor, “Mani”, Adelphi, 2006. 2. Dimitri Obolensky, “Il commonwealth bizantino”, Laterza, 1974. 3. Dragan Velikić, “Via Pola”, Zandonai, 2009. 4. Robert Mantran [a cura di], “Storia dell’impero ottomano”, Argo, 2000. 5. Agostino Pertusi [a cura di], “La caduta di Costantinopoli”, Fondazione Valla, 1976. 6. Nicholas Valentine Riasanovsky, “Storia della Russia”, Bompiani, 7. David Foster Wallace, “Il tennis come esperienza religiosa”, oggi in Einaudi, 2012.

Lettura critica fondamentale, in assoluto: “Narratori degli Anni Zero” di Andrea Cortellessa, Ponte Sisto, 2012, 650 pagine. E via andare.